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domenica 30 marzo 2008

veni, vidi, .......

Veni, vidi, .... non potei! mi ha fatto sapere le Professoressa Musini.
E' venuta a visitare il nostro blog, e voleva lasciare un commento, ma per la innata imbranaggine di chi scrive non ha potuto farlo in quanto la posibilità di lasciare commenti era stata "concessa" solamente ai blogger di questo circuito.
Ora il tutto è sistemato, e chiunque può commentare.
Chiedo scusa alla Professoressa (anche per non averle potuto dare la possibilità di imitare pienamente Cesare) e a chiunque altro avesse nel frattempo tentato di postare un commento senza potervi riuscire.
Se avete comunque problemi o commenti di carattere tecnico scrivete al cassettodeisogni@gmail.com, risponderemo immediatamente.


venerdì 28 marzo 2008

Elemosina (di Fabrizio Cassinelli)

La vedo tutte le mattine andando al lavoro. Davanti all’ingresso dell’ASL. Lì, sul lato sinistro dell’ingresso. Inginocchiata in una posa che metterebbe in difficoltà ognuno di noi.
Non è italiana, ma le poche parole che pronuncia nella lingua di Dante, imparate a memoria, le ripete fin troppo bene, con una cantilena estenuante.
“Ciao”; “Buona giornata”; “Auguri”.
“Grazie”.
Andrebbe premiata per la costanza.
Le rare volte in cui sorride mette in mostra un’opera degna di un odontotecnico specializzato in architettura e ingegneria.
Una bocca così si vede nella pubblicità del famoso dentifricio con Gardol, quando ti spunta un fiore in bocca e il bianco con cui hai appena dipinto la casa sembra grigio.
La cosa che più colpisce nel suo sorriso è che i canini superiori sono in oro. Spiccano in modo incredibile, forse non bello ma caratteristico.
Le ho dato qualche centesimo e abbiamo cominciato a salutarci. Un giorno mi ha detto il suo nome; ho dovuto farglielo ripetere almeno quattro volte e alla fine non l’ho capito comunque: impronunciabile, incomprensibile e intraducibile.
Una mattina le ho chiesto il motivo di quei denti così diversi e la sua risposta mi ha fatto pensare alle differenze culturali che ci sono tra le varie etnie. Una delle nostre donne non arriverebbe mai a tanto.
Sono un regalo. La ragazza si è fatta togliere i suoi denti per mettere quelli, solo per un vezzo.

Sono il regalo di una zia! Non una collanina o un anello, no! Due denti d’oro.
Pazzesco, direbbe il buon Chiambretti.


Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 7 Giugno 2007

Tu (di Veronica AGOSTINI)

Il tocco delle tue mani mi rassicura,
Il sapore delle tue labbra mi inebria…
La tua forza è stupefacente,
La tua dolcezza infinita…
C'è una luce nei tuoi occhi che mi attrae,
un tuo sorriso mi fa sentire bene…
I tuoi capelli sembrano fili d'oro messi lì solo per il mio sguardo,
La tua pelle sa d'estate e il tuo forte petto è il mio rifugio…
Quando non ci sei, vorrei che il tempo accelerasse…
Quando sei con me, so che nulla potrà ferirmi…
Il tuo amore è un dolce nettare,
Che mi permette di sentirmi viva…



Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 1° Settembre 2006

La Luna (di Veronica AGOSTINI)

La luna complice
splende sul nostro amore
e ci rende più dolci e
bisognosi l'una dell'altro.
La notte scura ci assiste
e ci protegge da sguardi indiscreti
cosicché il nostro amore si possa sublimare
e capiamo che ci amiamo sempre più,
ogni giorno che passa.


Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 18 Ottobre 2006

giovedì 27 marzo 2008

Un binomio inscindibile (di Claudio AGOSTINI)

Sin da quando l'uomo è stato in grado di poter raccontare le gesta proprie o di altri, si è creata una categoria speciale di persone che narrano di altre persone: i biografi.
Biografia, da bios = vita e graphia = scrittura, significa letteralmente "scrittura della vita", ed il biografo è colui che "scrive" la vita di un'altra persona.
Dunque possiamo avere il biografo di un celebre condottiero, quello di un politico, di uno scienziato, di un artista. Non c'è personaggio illustre vissuto in passato che non abbia avuto o non abbia un biografo, e possiamo dire che non ci sia personaggio vivente oggi (a meno che non appartenga alla "famosa" casta degli sfigati), che non ne abbia uno o più, perchè oggigiorno un biografo non si nega a nessuno, e chi non ha un biografo, peste lo colga, non conta proprio niente......
Spesso un biografo si è specializzato su un determinato personaggio, e ne è diventato il biografo ufficiale, il biografo per eccellenza (così come spesso un attore diventa il doppiatore, la voce ufficiale, di un attore di lingua straniera, come ad esempio Giancarlo Giannini, inimitabile ed inimitato Al Pacino).
Di biografi ce ne sono stati di contemporanei del personaggio illustre, i quali appunto perchè contemporanei (e spesso amici o comunque conoscenti di quello) erano in grado di trattare di lui con cognizione di causa in quanto spesso testimoni delle vicende narrate.
Più spesso però abbiamo biografi "postumi", venuti cioè dopo il "personaggio", che hanno conosciuto o conoscono solamente tramite lo studio delle sue opere, ed essendone rimasti affascinati o comunque colpiti hanno deciso di diffonderne la conoscenza anche ad altri. Il biografo diventa un esperto di quel personaggio che egli sceglie di "raccontare", e ciò è particolarmente vero per i biografi ufficiali, che spesso conoscono più fatti della vita dell'illustre di quanti ne conosca la madre stessa (sempre dell'illustre).
Restando nell'orticello della Regione dalla quale scrivo, voglio prendere in considerazione una coppia veramente affiatata, una di quelle coppie così ben assortite che sembra siano state create su misura (come si dice, Dio li fa e poi li accoppia).
Lui, "il narrato", è un uomo definito da molti, forse da tutti, anche dai detrattori, eccezionale.
Poeta, romanziere, giornalista, Soldato (con la S maiuscola, non per disprezzare i soldati semplici, ma perchè, con i gradi sul pastrano, non ha esitato a gettarsi nella mischia come appunto semplice soldato, invece di stare al riparo e dare ordini come altri graduati suoi pari facevano), avventuriero, sportivo, precursore, tombeur di femmine (e che femmine.....).
Lei, la "narrante", collega di Lui quale scrittrice, è in più musicista, attrice, insegnante, cultrice del bello, divulgatrice, instancabile giramondo per amore del suo "narrato", e soprattutto femmina fatale al pari di quelle da lui fatte "tomber".
Di lui, per chi non lo avesse già individuato, e saranno in pochi, basterebbe usare anche solo uno dei suoi tanti appellattivi: Vate, o Imaginifico, o "orbo veggente", per rivelarne subito l'identità: d'Annunzio Gabriele, da Pescara, classe 1863 (con precisione nato il 12 Marzo 1863), del fu Don Francesco Paolo d'Annunzio, già Rapagnetta, e della fu Donna Luisa De Benedictis. Di lei faccio solo nome e cognome (come Baccini nel suo famoso album), è più non dimandate, non perchè vuolsi così cola dove si puote etc etc ma perchè di una Signora (con la S maiuscola anche questa, perchè, credetemi, di un vera Signora si tratta) non si rivelano particolari neanche sotto tortura: Musini Daniela, da Roseto (e basta.....).
Avevamo (avevo, scusate il plurale majestatis: forse parlare di tali personaggi mi spinge a diventare un poco megalomane) già trattato della Dottoressa Musini in un precedete articolo, "Consigli per la navigazione".
In un continuum ideale proseguo il discorso perchè andando avanti con la conoscenza della stessa non posso non meravigliarmi continuamente di quanto il binomio d'Annunzio/Musini sia inscindibile, almeno a mio modesto parere.

Di biografi l'Uomo del Vittoriale ne ha avuti tanti, ma mai nessuno così appassionato e così esperto da entrare in piena simbiosi con lui.
Daniela Musini non è la biografa di Gabriele d'Annunzio: oserei dire che Daniela Musini è la reincarnazione di Gabriele d'Annunzio.
Un biografo si limita a raccontare un personaggio, un attore interpreta un personaggio, un regista "disegna" un personaggio.
Daniela Musini fa tutto questo ed oltre, con d'Annunzio.
Daniela Musini racconta d'Annunzio, e lo fa in maniera mirabile.
Daniela Musini interpreta d'Annunzio, ne declama i versi, e lo fa in maniera sublime.
Daniela Musini disegna d'Annunzio, e facendolo lo modella su se stessa, tanto che ella si trasfigura e sulla scena non vediamo più Daniela ma Gabriele che parla con voce dolcissima in un corpo bellissimo.
Ma soprattutto Daniela Musini presenta d'Annunzio anche a chi non lo conosce, e glielo rende interessante (se non simpatico, perchè il Vate con la sua megalomane vita un po' antipatichetto sicuramente lo sarà stato, ma certamente non è colpa di Daniela).
Sicuramente dopo aver incontrato Daniela Musini nessuno potrà dire: d'Annunzio, chi era costui?
Daniela è Gabriele, dicevo, e a riprova di quanto dico (e non sono ancora in età di vaneggiamentio, almeno credo) andate ad ascoltarla quando declama alcune delle lettere che il Vate aveva scritto alle sue numerosissime amanti.
Io ho avuto l'onore e il piacere di farlo giorni fa presso la Libreria Feltrinelli di Pescara, nella Conferenza / Recital "Gabriele d'Annunzio: Le sue donne, le sue muse".
Lettere bellissime, appassionate, struggenti, da brivido.
Bene, mi direte, qualè la novità? Sappiamo tutti o quasi che d'Annunzio era bravo a scrivere....
Certo, ma prestate orecchio a quello che, poco prima di iniziare, la Dottoressa dice a proposito delle lettere: "Vi leggerò alcune delle lettere che d'Annunzio scrisse alle sue donne, e alternate a queste leggerò delle lettere che ho scritto io, imitandone lo stile, ma non Vi dirò quali siano le originali" (le parole non sono proprio queste, ma il senso si).
Poi ascoltate rapiti la lettura delle lettere, e alla fine sicuramente chiederete:
"Belle, stupende. Ma le sue lettere quando le legge, la Musini?"
Non vi dico che non siete stati attenti, perchè so che lo siete stati.
Vi dico solo che le lettere della Musini le avete ascoltate, perchè alcune di quelle erano dei falsi, scritti proprio da Daniela.
Impossibile !
Possibile, invece, possibilissimo.
Tanto possibile che Gabriele stesso si sarà confuso ascoltadone le lettura, e si sarà chiesto: "Quando l'avevo scritta questa? Non me la ricordavo".
Ma forse non se lo chiederà, perchè probabilmente sarà stato il suo stesso genio a guidare la mano di Daniela, splendida medium nella quale il Vate ogni giorno si reincarna e rivive la sua stupenda vita.
Una piccola curiosità: Gabriele in ebraico significa "Eroe di Dio", mentre Daniele (da cui Daniela) significa "Giudice Divino". Tanto per restare sul "Dio li fa e poi li accoppia (e li nomina anche.....)

Termino qui, per non essere accusato di piaggeria. Non lo è, statene certi, e quando la conoscerete (la Daniela) ne tesserete anche Voi le lodi.
Per il momento Vi dico solo che Musini non è solo d'Annunzio, è Arte pura incarnata in un corpo femminile.
Scrive biografie di altri personaggi (ultimo in ordine di tempo Messalina, ma anche Lucrezia Borgia, Mata Hari: sembra avere una predilezione per femmine fatali e "oscure"), scrive pieces teatrali, dà concerti, gira il mondo per portare d'Annunzio e l'Abruzzo ovunque sia possibile, e tra un impegno e l'altro ha anche il tempo di andare a ritirare premi vari qua e là. Ultimo conseguito, e non ancora ritirato, il Premio Sarah Ferrati 2008 per Autori di Teatro.
La sua opera sulla Divina Eleonora Duse non è ancora stata rappresentata, ed ha già vinto 3 premi: unico caso nella Storia.
E in precedenza ha conseguito anche il prestigioso Premio Internazionale Adelaide Ristori, di cui va giustamente fiera.
Potrete leggere tutto questo e altro sul suo sito (
http://www.danielamusini.com/), ma per il momento sappiate che sabato 29 alle ore 12,25 su RAI 3 manderanno in onda un'intervista su di lei e sulle sue attività artistiche


Passione (di SEM) *

Un termine soave,
ma nello stesso tempo agghiacciante.
Pronunciarlo è semplice,
ma provate voi a convivere con essa.
Travaglia le menti più acute,
ti travolge senza rendertene conto,
non puoi combatterci, vince sempre…
Ma… affascina,
occupa le tue notti insonni
ed i tuoi giorni di solitudine,
hai sempre qualcosa a cui dare la tua attenzione:
pensate agli amanti, hanno altri pensieri?
No, loro sono intenti a varcare la soglia
del continuo ed inesorabile piacere,
nel bisogno si ritrovano,
le loro anime si incontrano,
le loro labbra si sfiorano,
i loro corpi si uniscono.
Oh, passione che ormai hai preso possesso della mia mente,
fa che lui non riesca più a resistermi
ed assecondi i miei più arditi desideri,
che si possa senza peccato diventare peccatori della vita,
ed arrivare insieme a quel sublime piacere.


*SEM = pseudonimo di Samantha D'Orazio
Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 31 Agosto 2004


mercoledì 26 marzo 2008

Facciamo che io ero .... (di Fabrizio CASSINELLI)

Facciamo che io ero…
Quattro parole che evocano i ricordi più belli della mia vita. Quattro parole che contengono i sogni di tre bambine e del sottoscritto. Quattro parole che, in mancanza dei videogiochi, davano modo alle nostre menti (fervide), di spaziare nell’universo del gioco inventato lì per lì.
Alla televisione trasmettevano lo sceneggiato “Belfagor; il fantasma del Louvre”, e noi ci trasformammo per un’intera estate in investigatori, setacciando Pavia alla ricerca di indizi, che solo la nostra fantasia trasformava in prove concrete.
Ci bastava un sasso dalla forma e colore strani, per mettere in piedi un’inchiesta e collegarla al telefilm.
Quanti colpevoli avremmo potuto arrestare in quei giorni!
I vicoli più bui della cittadina si trasformavano in luoghi segreti, dove le nostre domande avrebbero trovato le risposte; dove potevano annidarsi i pericolosi malviventi cui davamo la caccia.
Lontani dagli occhi dei nostri genitori, più incoscienti di noi, che non sapevano cosa facessimo e dove fossimo; ma era un’altra epoca, senza i pericoli reali che attanagliano le nostre città in questi giorni.
Tre bambine e un bambino, pochi spiccioli in tasca, (soltanto io), una grande amicizia.
L’amore di una bimba, vero tornado, sempre ammaccata, che doveva ricorrere alle cure di mia mamma e di mia zia, per una sbucciatura ad un ginocchio o un rammendo alla gonnellina, prima di tornarsene a casa. Ricordo una volta, mentre percorrevamo il viale che ci portava ai giardini pubblici, che nella foga del gioco, Daniela finì distesa sul cofano di una mitica Alfa Romeo Giulia, parcheggiata sul marciapiedi. Non se ne era minimamente accorta. Fu una scena fantastica.
Facciamo che io ero…giochiamo a moglie e marito: divenne realtà.
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(data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 17 Gennaio 2007)

L’ angelo custode - facciamo che io ero… (di Daniela PROTTI)

Se c’ è qualcuno che fa un lavoro estremamente impegnativo e difficile, è…l’ angelo custode.
Oggi la mia mente vaga e divaga, andando a rovistare nei più lontani ricordi….
Così, pensando alle innumerevoli volte, in cui il mio angelo custode mi ha tolta dai guai, mi sorge il pensiero che….poveretto, non ha avuto una vita facile, con me!
Da bambini, ci insegnavano una preghiera, per far sì che l’ angioletto ci proteggesse…e noi, diligenti, detta la preghierina, ci tuffavamo allegramente nelle imprese più spericolate…che fiducia, eh?
Posso comunque dire, che almeno il mio angioletto, la mia fiducia l’ ha pienamente meritata, e si è dimostrato maledettamente in gamba; altrimenti non sarei qui a scriverne ora.
Dire che ero una bambina vivace è…riduttivo; la verità è che ero…esagerata! Perché aggiungendo alla vivacità, una buona dose di libertà e di incoscienza, e mescolando il tutto con una intera città a disposizione come “campo giochi”, il risultato era….una mina vagante!
Certo, quando ero una ragazzina, il parco giochi c’era, ma….altalene, scivoli, giostrine, era roba da pivelli! Noi, il mio amico del cuore (che sarebbe poi diventato mio marito) ed io, avevamo più alte aspirazioni; i nostri non erano “giochi”: erano “missioni”. E come è ovvio, una missione non può avere come scenario…un parco giochi! Una missione deve avere una scenografia importante, misteriosa, pericolosa!
Così, la ricerca di ambientazioni adeguate alle nostre avventure, ci portava nei luoghi più impensati e improbabili; e la missione iniziava sempre con….”Facciamo che io ero…”.
Nelle prime ore del pomeriggio estivo, la città addormentata era deserta; dalle pietre del selciato saliva il calore, e i vecchi muri delle case erano anch’ essi caldi. Giravamo per le strade, intontiti dal sole, cercando un luogo fresco dove rifugiarci, e poi…..idea! Andiamo a giocare in chiesa!
Detto e fatto; la chiesa era fresca e silenziosa, tutta per noi. Dopo aver giocato per un po’ con le candele, decidemmo di prendere come nostra residenza un confessionale, e ci entrammo.
Facciamo che eravamo marito e moglie…si, ma qui c’ è buio, come si fa….bè…ci sono le candele, no? E portammo le candele accese nel confessionale, le fissammo con la cera sul pavimento di tavole…vicine alle pareti, per non scottarci…L’ urlo della moglie del sagrestano, ci fece ripiombare nel mondo reale….INCOSCIENTI! DISGRAZIATI! MANDATE A FUOCO LA CHIESA!
Ed ecco i due piccoli, potenziali piromani, uscire a orecchie basse dalla chiesa, ancora convinti che, dopotutto, non avevano fatto niente di male….
Dove si va?
Bò…giù al Ticino?
Si, dai, all’ aeroporto! Facciamo che io ero…..

(data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 17 Gennaio 2007)

Una vita in più (di Daniela PROTTI)

(Pavia, venerdì 17 marzo 1989)

Camminava spedita, le mani affondate nelle tasche e il bavero alzato per difendersi dal vento. Mancavano pochi giorni all’inizio della primavera, e il sole di marzo era ancora troppo debole per contrastare quel venticello frizzante. Come ogni mattina, avrebbe attraversato la città per occuparsi di Viki; non le dispiaceva farlo, perché era una bambina sveglia e intelligente. Adorava le storie, e lei ogni mattina, mentre l’accompagnava a scuola, ne raccontava una; una vecchia storia, oppure una storia inventata li per li. Per Viki erano tutte belle, tutte emozionanti.
Quel mattino, però era diverso; quel mattino la sua testa era altrove, persa nel dubbio che aveva ormai da giorni; ma l’attesa era finita, e tra poco avrebbe saputo…
- Mi racconti la storia di Pentesilea?
- Domani, Viki; vedi? Siamo arrivate a scuola, te la racconto domani, vai!
Aspettò che entrasse, che si girasse per salutarla, come ogni mattina, poi se ne andò. Accelerò il passo sempre di più, sempre più impaziente di arrivare, di sapere. Non badava neppure al freddo, al vento; ecco, la piazza, la chiesa….come sempre gettò uno sguardo alla “casa”. Un imponente, antico palazzo di mattoni rossi, e lassù in cima quel bel terrazzo, con tanti fiori che lo incorniciavano; e come sempre pensò: come sarebbe bello, vivere li. Ma lei era contenta comunque; la sua casina all’ombra del Duomo le piaceva. Era bello, la sera, stare sul balcone a guardare le luci, la gente seduta sui gradini della cattedrale a chiacchierare, la statua del Regisole che dominava tutti.
Distolse lo sguardo, e si diresse verso la porta a vetri dell’ambulatorio; entrò, per uscirne meno di due minuti dopo, con una busta tra le mani. Senza fermarsi, strappò la busta, ne estrasse il foglio…
Lo sapevo! Lo sapevo! E adesso? Cosa farò, adesso?
Certo, lo sapeva, lo sentiva; ma vederlo scritto li, faceva uno strano effetto….incinta. Era incinta.
E adesso? Camminava distrattamente verso casa, senza riuscire a mettere a fuoco i suoi pensieri; tra vicoli e piazzette, era ormai in prossimità del Duomo, e ancora si chiedeva fissando il foglietto: cosa farò, ora?
Un boato improvviso fermò i suoi pensieri; spaventata alzò gli occhi, e si vide investire da una nuvola di polvere bianca. Il rumore era cessato, e il silenzio irreale e spaventoso che ne era seguito, incombeva come un macigno sulla città. Agitando la mano davanti a sé per diradare la polvere, avanzò verso la piazza….
Con orrore vide ciò che era successo: là, dove fino a pochi minuti prima, c’era la bellissima torre civica, non c’era più nulla.
Davanti a lei, un enorme cumulo di macerie, dalle quali salivano ancora sbuffi di polvere…
Dalle quali scendeva il pianto di un uomo, seduto in cima , con il viso tra le mani…
Attonita, abbassò lo sguardo, sul foglio di carta che ancora teneva tra le mani.
Ora sapeva cosa fare…suo figlio…le aveva appena salvato la vita.

(data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 3 Settembre 2006)


domenica 16 marzo 2008

Al mio unico amore (di Veronica AGOSTINI)


Amore,
che nelle notti più fredde mi stringi a te
per scaldarmi col calore del tuo corpo
vibrante di passione…
Amore,
che riempi il mio cuore e la mia anima
di mille sensazioni e mille emozioni
con un sol bacio…
Amore,
che mi fai morire lentamente
sotto il tocco dolce e sensuale
delle tue dita sulla mia pelle…
Amore,
che mi fai avvampare le gote
ogni qualvolta i tuoi occhi grandi e luminosi
si poggiano su di me…

A te, amore mio,
che rendi ogni mio giorno su questa terra
speciale e meraviglioso,
a te dedico tutta la mia anima ed il mio cuore,
a te offro la mia vita senza chiederti nulla,
a te dono il mio amore unico e incondizionato…
A te, che sei la mia vita, l’ossigeno, l’acqua pura
il mio unico sostentamento,
dono tutta me stessa, da oggi e per sempre.

(pubblicata in pari data anche sul sito Il Cassetto dei Sogni )

venerdì 7 marzo 2008

Consigli per la navigazione (di Claudio AGOSTINI)

Questo non é il post di un articolo o di una poesia o racconto, ma solamente un "consiglio" per la navigazione (parafrasando il buon vecchio Mike, che non stanco per aver fatto crescere più di una generazione con i suoi programmi via via più o meno culturali, ma sempre e comunque interessanti e piacevoli, trova anche il tempo per dedicarsi appunto a fornirci "consigli per gli acquisti").

Il consiglio che voglio darvi quest'oggi è quello di navigare il sito di Daniela Musini, eclettica artista dalle multiformi sfaccettature: attrice, pianista, studiosa a tutto tondo dell'Imaginifico Vate Gabriele d'Annunzio, di cui è massima esperta e alfiere instancabile, nonchè di altri personaggi "particolari" della Storia, per la maggior parte femminili, quali Cleopatra, Lucrezia Borgia, Madame de Pompadour, Messalina, Mata Hari.

Tutti femminili, si (a parte il Vate, che però con il femminino aveva un ruolo eccezionale), come femminile (e che femmina, mi si lasci passare il commento che spero non venga preso con accezione volgare) è lei, Daniela Musini, che coniuga in se quello che fino ad oggi è riuscito a pochissime se non a nessuna altra donna: bellezza e ingegno.

Nata a Roseto degli Abruzzi, diplomata in Pianoforte, laureata in Lingue e Letterature Straniere, laureata in Lettere Moderne, studiosa di Gabriele d'Annunzio, relatrice di conferenze, attrice di prosa (continuate a leggere il suo lunghissimo curriculum e tutto quanto su di lei è stato scritto nel suo sito, di cui più avanti darò l'indirizzo), vive a Pescara e lavora..... in tutto il mondo. Si, nel mondo, perchè come portabandiera del Vate si sposta in continuazione da un Paese all'altro, portando spettacoli creati da lei nei quali fa rivivere tutto il pathos di d'Annunzio e del dannunzianesimo.

Turchia, Polonia, Giappone sono solamente le ultime tappe di un meraviglioso tour che ha visto folle di esperti e non osannarla mentre si commuovevano al dolcissimo suono della sua voce e alla inimmaginabile bellezza delle emozioni da lei suscitate.

Non sono un critico, né un uomo di cultura, e dunque non posso, non sono capace di presentare la figura della Professoressa Musini come si dovrebbe. Lascio questo lavoro a chi è accreditato a farlo.





Io, come semplice ammiratore del suo Italico e Abruzzese ingegno, dico solamente: visitate il suo sito, e soprattutto recatevi ad uno dei convegni o delle conferenze da lei o su di lei organizzati, e ad uno dei suoi spettacoli: sono sicuro che anche Voi, come me, non potrete più fare a meno di visitare non giornalmente, ma più volte al giorno, il suo sito (http://www.danielamusini.com/) e il suo blog (http://scarletblog.freewordpress.it/).

Oggi più che mai, alla vigilia di un 8 marzo che dovrebbe essere celebrato non ogni anno ma ogni giorno per riconoscere quello che per secoli è stato negato al vero motore della Storia, la donna, da un maschilismo cieco e bieco, la donna Musini tiene alto il vessillo della femminilità arguta, sapiente, prorompente e dirompente.

Cara Professoressa Musini, in nome e per conto delle donne, e anche di quella parte degli uomini che non le guardano solamente cercando di riscontrare in loro le proverbiali misure 90-60-90, La ringrazio per quanto ha fatto, sta facendo e farà per la Cultura Italiana e Abruzzese.

Claudio Agostini



giovedì 6 marzo 2008

Autoprodursi: fletto i muscoli e sono nel vuoto (di Norberto CEFARATTI)

Iniziamo chiarendo il concetto chiave di questa breve dissertazione: viene definita autoproduzione, nel campo del fumetto nel nostro esempio, la volontà e la capacità di raccontare storie a fumetti senza avere un committente, un editore di riferimento, diventando in sostanza editori di se stessi.

Nel fumetto questo ha un fascino tutto particolare, originato da un aspetto fondamentale: il costo irrisorio delle materie prime. Il fumetto è popolare non solo per la sua natura comunicativa, ma soprattutto per la capacità di essere disponibile a chiunque voglia utilizzarlo per narrare, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza o la fascia di reddito propria o della famiglia. E’ una delle ultime istituzioni mediatiche ancora di non esclusivo appannaggio di elite intellettuali e artistiche tutelate dalla capienza del conto in banca.

Non ho vissuto direttamente gli anni fumettistici a cavallo del 1980, ma a posteriori credo che la scelta di Andrea Pazienza di legare gran parte della sua produzione artistica al fumetto, piuttosto che alla pittura e all’illustrazione, campi nei quali eccelleva comunque, non sia stata frutto di casualità; fare fumetti per lui e la sua generazione di disegnatori (mi viene in mente anche il primo Manara) garantiva un contatto diretto con un pubblico reale, niente a che vedere con quello elitario della pittura. E il problema, come detto, non riguarda solo il tipo di pubblico, ma in maniera ancora più importante la nascita degli autori. Da dove provengono, e soprattutto da dove possono provenire i suddetti? E’ una domanda determinante per analizzare qualunque periodo storico, che più di qualunque indagine statistica sul venduto ci può dare il polso di quanto sia vitale il fumetto.

In Italia abbiamo potuto evidenziare oggi due tendenze apparentemente contrastanti: da un lato la lenta ma decisa erosione del parco lettori di fumetti, tutti, dai più conosciuti agli ultimi della serie, con sopravvivenza garantita soltanto alle testate più “commerciali”, legate all’umorismo o all’avventura semplice e lineare. Dall’altro abbiamo riscontrato un fermento incredibile da parte dei nuovi autori, per lo più giovani, che moltiplicano le testate e gli albi, che siano singole uscite o tentativi di fare delle serializzazioni, che si riuniscono sotto il tetto di una piccola casa editrice o, appunto, si spendono nel coraggioso tentativo di un’autoproduzione.

Oggi possiamo parlare non tanto di fumetto underground in Italia, ma di fumetto “invisibile”. Il circuito delle librerie specializzate non garantisce l’ossigeno minimo di cui ha bisogno un autore, la platea è ristrettissima, ancora più ristretto lo spazio sugli scaffali. Un grandissimo successo di pubblico e di critica si quantifica in… mille copie vendute. Ora voi capite che se domani vi fate un autoritratto e andate a venderlo porta a porta nel vostro quartiere e fra amici e parenti vendete di più…

Questo è il bicchiere mezzo vuoto. La parte (metà) piena ci dice che c’è una voglia incredibile di raccontare storie, di creare mondi nuovi con la matita e il pennarello, di raccontare storie urbane o intimistiche, fantascientifiche o di avventura. Ogni autore riflette il suo background culturale di lettore, di fumettisti di riferimento, ma anche di cinema, letteratura, musica, masticata e poi sputata con pezzi del proprio vissuto e delle proprie passioni. I risultati sono imprevedibili, si va dalla schifezza al capolavoro, ma una cosa è certa: c’è “vita” su questo pianeta.

Come sollevare dalla condizione di invisibilità tutta questa “vita” è compito e preoccupazione degli editori, se meritano questo nome, e più in generale degli operatori culturali del settore, cominciando dagli organizzatori delle varie mostre sparse sul territorio nazionale. Non basta più, anzi è persino deleterio, creare una manifestazione ad uso e consumo della mostra mercato, della rivendita di gadget e fumetti famosi e sempre più costosi, oppure la vuota celebrazione di autori e personaggi ormai affermati, che suona davvero ridondante, pleonastica, persino fisicamente fastidiosa nella sua inutilità. Basta con Tex, Dylan Dog e le altre icone che affollano le edicole, e che il loro tempo, nel bene e nel male, lo hanno fatto. Sarebbe ora di avere la capacità intellettuale e il coraggio di guardare avanti, rendere le mostre degli squarci verso l’ignoto, piuttosto che dei pedanti libri di storia.

Così, mentre i soggetti che dovrebbero occuparsi di cultura si limitano a creare dei giochini che sublimano autogratificazioni erotiche (le mostre piccole) o dei baracconi da “prendi i soldi e scappa” (le mostre grandi), i nuovi autori battono prepotentemente alla porta di questo mondo decadente, unici portatori di un afflato vitale.

La risposta è anche l’auto-produzione! Avete voglia di raccontare storie? Avete personaggi e città nascoste fra i fogli delle vostre cartelline? Dategli vita! Fate un fumetto, poi potete scegliere se farlo circolare fra gli amici in fotocopia, oppure online su un qualunque sito, o meglio ancora andate in tipografia, con meno di mille euro avrete fra le mani un prodotto professionale, che poi dovrete pensare a come distribuire, e in quali canali. Un albo non ha neanche bisogno di un editore, è sufficiente trovare una testata registrata che vi inserisca fra i supplementi annuali di cui ha diritto, a costo zero. I primi passi poi chiamano da soli i successivi. Se l’idea è forte abbastanza da camminare con le sue gambe si evolverà da uno stadio all’altro con una speditezza sorprendente.

Che ci crediate o no, Rat-Man, il più grosso successo editoriale dai tempi di Dylan Dog, è nato esattamente così. Chi batterà il prossimo colpo?

Norberto Cefaratti

(data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 26 Aprile 2004)

se vuoi leggere altri articoli del nostro esperto di fumetti, segui questo link

mercoledì 5 marzo 2008

"Grazie" (di Veronica AGOSTINI)

I tuoi occhi come diamanti nella notte
mi guidano verso luoghi sconosciuti,
nell'eterna profondità della tua mente
così complicata eppure così affascinante…
Sei un infinita fonte da cui dissetare
la mia voglia infinita di dolcezza e romanticismo…
Imprevedibile come pochi,
dolce e sensibile come nessuno prima di te,
sai far impazzire di gioia il mio cuore
e inebriare i miei sensi col tuo profumo…
Se essere innamorati significa gioire di ogni minimo istante,
allora non voglio disamorarmi mai più…
Troppo a lungo al mio cuore è stata negata la vita
ma con te, amore mio, è come essere nata di nuovo,
Respirare aria nuova, provare sensazioni inimmaginabili
e soprattutto sapere che anch'io merito di essere felice
almeno una volta nella vita
e tutto ciò lo devo solo a te, vita della mia vita.


(data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 5 Settembre 2006)


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lunedì 3 marzo 2008

“ Il Dono” (*) (di Daniela PROTTI)

La bimba aprì gli occhi; la stanza era ancora buia, ma qualche filo di luce, filtrava dalle fessure tra le persiane. Si raggomitolò tra le coperte, per godersi il tepore del suo nido; sbirciò la sorella, che dormiva ancora profondamente. Era la fine di ottobre, e la stanza era gelida; con le dita si sfregò la punta del nasino per scaldarlo un pò. Tra poco, la mamma l’avrebbe chiamata, per fare colazione e andare a scuola; il suo primo anno di scuola; e ci andava già da…27 giorni! Tra poco, avrebbe fatto un salto giù dal letto e si sarebbe vestita alla velocità del lampo, per non dare tempo al freddo di assalirla.

La casa era enorme, ma priva di riscaldamento; la grande stufa a carbone scaldava a malapena la cucina, ma nelle camere da letto, e la loro era la più lontana, il gelo la faceva da padrone. La cosa peggiore era lavarsi, in quel piccolo bagno costruito da papà, con le piastrelle bianche e i sanitari lucidi…e gelidi! E l’inverno era così lungo…

Quel giorno, però era diverso. Quello era il SUO giorno, il suo compleanno; sapeva che erano poveri; non si aspettava regali, no, ma il suo cuore di bambina non poteva fare a meno di quella piccola speranza; di ricevere qualche cosa che fosse tutto suo, e non qualcosa messo da parte dalla sorella più grande. Perché tutti i vestitini che aveva, pochi a dire il vero, arrivavano a lei dopo parecchi passaggi di proprietà; dopo tanti lavaggi, dopo tanti rammendi. Pazienza. Giocattoli non ne aveva mai avuti, ma non ne sentiva la mancanza; nella casa accanto , abitava il suo inseparabile compagno di giochi, che essendo l’unico rampollo di una famiglia numerosa, poteva disporre di interi plotoni di soldatini, file interminabili di macchinine, montagne di mattoncini di LEGO.

Si vedevano sui rispettivi balconi, e ad un segnale convenuto tra loro, si incontravano sul pianerottolo comune, per inventarsi giochi sempre nuovi….magari quel pomeriggio avrebbero potuto giocare ai vescovi, se fosse uscito un po’ di sole….

Sentì la voce della mamma che la chiamava; chiamava sempre prima lei, perché sapeva bene che era la prima a svegliarsi. Chiamando a sua volta la sorella, schizzò fuori dal letto. Era da sempre una bambina allegra e rumorosa; difficilmente imbronciata e mai triste; in un lampo fu in cucina, ad abbracciare la sua mamma, che adorava, e che le tirò le orecchie per 6 volte!

- Oggi compi sei anni, vecchiona!

Sul tavolo di fòrmica, la sua tazza di latte fumava; e la bimba, già dimenticati i gravi pensieri, vi tuffò dentro una manciata di pezzi di pane. Aveva sempre fame, e l’unica cosa che non mancava mai in casa, era il pane. Finita la colazione, prese la cartella e vi infilò dentro il mezzo panino avanzato; lo avrebbe mangiato nell’intervallo, a scuola.

- - E quello cos’è? - sua sorella indicava un pacchetto sulla credenza; un grosso

pacco, avvolto nella carta azzurra del droghiere.

- - E’il regalo per tua sorella.

La piccola alzò gli occhi incredula. Un regalo! Un vero regalo impacchettato! Tutto per lei!

Incapace di muoversi, restò lì a fissare ora il pacco, ora la mamma, finchè sua sorella sbottò:

- Allora, deciditi ad aprirlo, che facciamo tardi a scuola!

Le tremavano le mani: piano piano staccò il nastro adesivo, per non rompere la carta, e finalmente…

Tra le sue mani, uno stupendo libro, rilegato, con la copertina lucida…

Il titolo scritto a grandi lettere, in rilievo….DORILENA.


(*) "l dono" è un racconto autobiografico: la bambina che riceve il regalo è l'autrice stessa, che racconta l'emozione provata la mattina del 27 Ottobre 1962, giorno del suo 6° compleanno. Gli altri personaggi sono personaggi reali che fanno parte o hanno fatto parte della sua vita. (N.d.R)



(data di prima pubblicazione sul Cassetto dei sogni: 26 agosto 2006)


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sabato 1 marzo 2008

La via Tiburtina da ROMA ad OSTIA ATERNI (della Dott.ssa Vanessa D'ORAZIO)

Le strade di Roma

Roma è il centro verso il quale confluiscono tutte le direttrici e in tutto l'impero ne assorbe complessivamente cinquantatremila miglia. "Tutti coloro che erano giunti fino a ROMA con veicoli, dovevano lasciarli fuori dei limiti della città e proseguire a piedi", intimava un editto imposto da Giulio Cesare e rispettato per quattro secoli dai suoi successori. "Nessuno", aveva detto Cesare, "era autorizzato a varcare dall'alba al tramonto le mura di Roma con carri, carrozze o cocchi di qualsiasi forma". Le strade attraversavano le porte di due cinte murarie: la cinta SERVIANA, costruita nel 368 a.C. e la cinta AURELIANA, eretta negli anni 270-275.
La via TIBURTINA era una delle vie più importanti fra quelle che uscivano da Roma antica, ma non si trattava certo della più bella: il suo percorso era monotono come il paesaggio circostante e gli ingegneri che la costruirono non incontrarono particolari ostacoli naturali che avrebbero potuto offrir loro la possibilità di realizzare spettacolari opere architettoniche. La via servì da tratturo per la transumanza delle greggi che dall'altipiano del Fucino e di Sulmona scendevano nella campagna romana ogni inverno. In antico, con il nome di via Tiburtina, si intendeva convenzionalmente quella strada che, partendo dall'omonima porta posta nell'ambito delle mura aureliane, conduceva, lungo la valle dell'Aniene, fino a Tibur. Da Tivoli l'antica strada fu prolungata fino a Corfinio, in Abruzzo, con il nome di via Valerla, su un tracciato antichissimo attraverso Carsoli e Alba Fucens. Raggiunse poi il mare fino a Pescara, col nome di via Claudia Valeria. La strada Tiburtina è una delle primissime realizzate a Roma. Per illustrare con chiarezza quest'importante strada della Roma repubblicana ci possiamo servire delle TAVOLE ITINERARIE delle strade imperiali note col nome di TABULA PEUTINGERIANA. Le tavole riportano i tracciati delle strade consolari, distanze miliari, attraversamenti, ponti, luoghi notevoli, stazioni di sosta, tabernae, empori e quanto altro potesse essere utile al viaggiatore.

(prosegui la lettura di questo interessante articolo sulla Via Tiburtina

La Famiglia ALBERGATI di Bologna (di Luana SIMONI)

Una delle più importanti famiglie di Bologna, originaria di Zola Predosa, e successivamente stabilitasi a Bologna, all'angolo fra Via Saragozza e via Malpertuso, almeno dalla seconda metà del XIII secolo.

I suoi membri cominciarono ad arricchirsi con il commercio di stoffe, e rivestirono la carica di Senatori da 1506 al 1797.

La famiglia era divisa in 2 rami principali: gli Albergati Vezza e gli Albergati Capacelli.

Personaggi Illustri

Niccolò (1357 o 1375 - 1443):

Nato a Bologna, compì studi giuridici. La leggenda narra che questo giovane, nel 1394, visitando la vicina certosa fu costretto suo malgrado a fermarsi per la notte a causa di un violento temporale.
Sentendo la campana che annunciava Mattutino, si recò in chiesa per curiosità e fu a tal punto conquistato dal cantoumile e raccolto dei monaci nel silenzio della notte,che provò ben presto un ardente desiderio di condurre tra di loro la vita solitaria a lode di Dio. Nicola Albergati entrò infatti nella certosa di Bologna. Divenne certosino nel 1394 e contro la sua volontà nel 1417 (o nel 1418) fu nominato vescovo della sua città natale: fu caritatevole, saggio, pio, modestissimo e, sempre fedele alla regola certosina, conduceva una vita di severa astinenza e di serena povertà. Nel contempo si impegnò per riformare i corrotti costumi del popolo, eresse una scuola per i chierici e raccolse una biblioteca. Nel 1426 fu creato cardinale; ebbe incarichi diplomatici particolari e un ruolo importante nei concili di Basilea e di Ferrara-Firenze; fu un mecenate dei dotti e dei letterati e uno studioso. Gli fu conferita la carica di penitenziere maggiore e camerlengo della S. R. C. Nonostanze le onoreficenze rimase umile e osservò gli stessi digiuni. Bologna, assalita dalla peste, deve tutto alla sua inestinguibile carità. Fondò in piùluoghi della diocesi molte istituzioni per educare i fanciulli e gli ignoranti, abbellì la cattedrale. Educò amorevolmente e tenne come segretario il futuro Papa Niccolò V che adottò proprio questo nome in suo onore, e, una volta divenuto Papa non gli consentì più di risiedere a Bologna ma lo volle costantemente al suo fianco. Si ammalò gravemente e la sua malattia si protrasse a lungo, dolorosissima e sempre accettata come prova fino alla morte. E' rappresentato accanto a una biblioteca con sul tavolo il cappello cardinalizio ed un libro in mano. Il suo corpo si trova nella Certosa di Firenze e furono i Certosini a tributargli il primo culto con il titolo di Beato. Ma si dovette aspettare fino al 1744 quando fu beatificato da Benedetto XIV, viene commemorato il 3 marzo ma soprattutto il 9 maggio. Le sue reliquie sono venerate nella chiesa di San Lorenzo a Firenze. A lui è stata dedicata una cappella nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma.........

(prosegui la lettura di questo interessante articolo sulla famiglia Albergati)