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martedì 2 dicembre 2008

"Diario Cubano", di Daniela Musini


La nostra "Cristoforo Colombo" è tornata dal suo viaggio trionfale nelle Americhe, dove senza colpo ferire (anche se in un particolare momento avrebbe voluto essere un po' cattiva verso le inguenue popolazioni "indie" - leggete l'articolo a lato cliccandoci su e ingrandendolo) ha compiuto una autentica rivoluzione e conquistato il cuore e l'anima di vip, studenti, mamme e bambini.
Pubblichiamo qui l'articolo apparso in data odierna su "il Messaggero" in cronaca di Pescara, e lasciamo parlare il testo stesso scritto dalla Musini.
Buona lettura
(articolo di giornale in foto estratto da "Il Messaggero" del 02/12/2008, cronaca di Pescara


lunedì 24 novembre 2008

Daniela Musini come Cristoforo Colombo

La ormai celeberrima Daniela Musini (non dobbiamo più spendere nemmeno una parola su di lei) ieri 23 novembre è "sbarcata" (o meglio, visto che siamo nel XXI secolo, è atterrata) a Cuba per emulare il connazionale Cristoforo Colombo.
Infatti la bellissima e simpaticissima, nonchè bravissima, attrice/scrittrice/regista/insegnante e chi più ne ha più ne metta, si è recata in quel di Cuba per inaugurare, su invito di Sua Eccellenza Dottor Domenico Vecchioni, Ambasciatore Italiano a Cuba, con la sua conferenza/recital Muse ispiratrici e Divine creature di Gabriele d'Annunzio la Settimana della Lingua e della Cultura Italiana.
Da tener presente che Daniela Musini sarà l'unica studiosa dannunziana italiana: tutti gli altri illustri relatori sono, infatti, professori dell'Università dell'Havana.
Siamo sicuri che la Musini, novella Colombo, conquisterà nuovamente l'America, portandole stavolta prepotentemente ma pacificamente l'Italica cultura, mentre il suo predecessore aveva portato la cultura e la mentalità Iberiche (non senza dannose conseguenze per le popolazioni indigene).
Domani alle 10:00 ora di Cuba (in Italia sarano le 16:00) saremo tutti con il pensiero rivolto a questa nostra grande connazionale e per alcuni di noi corregionale e concittadina, che sta veramente portando il nome di Pescara, di Abruzzo e di Italia nei più lontani angoli del mondo.
E sapendo (ce lo ha confidato un uccellino) che ben più ambiziosi progetti sono in cantiere da parte sua, il destino della nostra cultura sugli scenari mondiali sarà sempre più roseo.
Auguri Daniela, e arrivederci presto! o per dirla alla spagnola,
İSuerte Daniela, y
Hasta Luego!
(articolo di giornale in foto estratto da "Il Messaggero" del 24/11/2008, cronaca di Pescara - foto e locandina " XI SEMANA" estratte da http://cubanite.blog.dada.net/)

martedì 4 novembre 2008

4 novembre 1918 - Orgoglio Italiano




Comando Supremo, 4 Novembre 1918, ore 12


La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta.

La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso Ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuna divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatre divisioni austroungariche, è finita.

La fulminea e arditissima avanzata del XXIX corpo d'armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, dell'VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.

Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute.

L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perdute quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecento mila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinque mila cannoni.

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.

Armando Diaz
Diaz








(Il testo è tratto dal sito dell'Esercito Italiano)

giovedì 30 ottobre 2008

Daniela Musini Donna dell'Anno 2008

Torna "a farci visita" su queste pagine Daniela Musini, ormai vecchia conoscenza dei nostri lettori. Proprio per questo non l'appelliamo più con il doveroso titolo accademico, ma solamente come si fa con una cara amica.
L'occasione è la consegna del prestigioso premio "Donna dell'Anno 2008" conferitole a Lugano (Svizzera) il 5 ottobre ultimo scorso, con la seguente motivazione "Per la sua straordinaria personalità di Donna e di Attrice che ha saputo interpretare il Teatro e la Vita con ineguagliabile bravura e discrezione. E per aver contribuito alla diffusione della cultura e dell'inmagine dell'Italia nel mondo." (vedi la foto della targa a ricordo).
Tale Premio è indetto dall'Associazione Internazionale della Cultura "UNIVERSUM" con sede a Lugano; la Giuria è presieduta dalla Principessa Giovanna Colonna Di Stigliano.
A fronte di 249 candidature, solo 9 donne hanno ricevuto il Premio Internazionale "Universum", in diverse sezioni: CULTURA, MEDICINA E RICERCA SCIENTIFICA, MANAGER & IMPRESA, IMPEGNO SOCIALE E SOLIDARIETA', SPORT, GIOVANI, ALLA CARRIERA.

La nostra Daniela è stata una delle 3 donne cui è stato conferito il Premio Internazionale alla Cultura ed è stata premiata per i meriti artistici e culturali e per il livello internazionale raggiunto della sua carriera.
In concomitanza con tale prestigiosissimo evento, per cui moltissimi si sentirebbero appagati e appenderebbero le scarpe al chiodo (ma non la nostra, che sicuramente ha in quella sua magnifica testolina altri eccezionali ed entusiasmanti progetti), Daniela il giorno precedente ha presenziato sempre a Lugano alla presentazione del suo libro "Mia Divina Eleonora", un testo teatrale che prima ancora di essere stampato ha già ricevuto, caso unico al mondo, ben tre premi letterari (di questo avevo già parlato in un precedente articolo) (cliccare per leggere e/o scaricare dal sito del'autrice l'articolo in pdf su questo libro).
Cosa dire? Non sono certo io, sfornito di qualsiasi bagaglio critico e letterario, a poter dire qualcosa di più sulla bravura, sul genio direi, di Daniela Musini.
L'unica cosa che so di certo è che questa nostra grandissima Amica continuerà a deliziarci negli anni a venire, e dunque stiamo tutti con le orecchie tese a percepire notizie circa i suoi recitals: in ognuno di essi Daniela sa darci emozioni antiche e nuove a un tempo, proprio come solo un grande artista sa fare, e ci spinge a desiderare di tornare a vederla quando ancora lei ci sta salutando dal palco al termine della sua performance


Claudio Agostini

martedì 30 settembre 2008

Riccardo Patrignani e i suoi gioielli: piccole meraviglie in uno scenario meraviglioso

A tutti gli appassionati di "modellismo" in scala e di Storia sono lieto di comunicare la nascita di un nuovo sito dove c'è tanto da conoscere e vedere, in attesa di potersi "rifare gli occhi", come si dice volgarmente, andando a vedere sul posto e dal vivo i modelli citati nel sito.
Si tratta di diversi castelli d'Abruzzo, realizzati con certosina pazienza e meticolosità da Riccardo Patrignani, valentissimo artigiano/scultore/maestro d'arte vivente e operante in quel di Sulmona.
Anni fa, sul nostro sito Il Cassetto dei Sogni, ebbi modo di parlare di questo maestro e della sua meravigliosa arte, dopo averlo "scoperto" in una mostra sull'artigianato abruzzese.
Per chi volesse leggere cosa scrissi in quel frangente, questo è l'indirizzo della pagina:
Riccardo Patrignani: Antologia della Pietra
Il Sig. Patrignani per anni tentò di ottenere di poter esporre i suoi tesori in qualche luogo pubblico o accessibile al pubblico, ma a nulla valsero i suoi sforzi.
Poi però qualcosa si è mosso: "la fortuna sorride agli audaci", si dice, o forse il proverbio più adatto sarebbe: "bussate e vi sarà aperto" (anche se il Vangelo non ci dice, forse per non farci spaventare ancor prima di tentare, a quante migliaia di porte dovremo bussare prima che se ne apra una).
Fatto sta che il Patrignani sembra aver ottenuto un po' di giustizia, riuscendo a "piazzare" i suoi castelli in uno scenario tra i più adatti alla sua opera: una sala del Castello Cantelmo di Pettorano sul Gizio (in provincia di L'Aquila).
Una splendida cornice in pietra per splendidi capolavori in pietra, il tutto circondato da una splendida cornice naturale di monti e vallate.
So che l'iniziativa sta avendo un notevole successo, e che decine di visitatori si recano al castello anche attratti dalla voglia di osservare quei piccoli gioielli, che poi tanto piccoli non sono, visto che pesano centinaia di kilogrammi ciascuno.
Ora però il Sig. Patrignani ha deciso, giustamente, di pubblicizzare maggiormente la sua arte, e ha aperto un sito sul quale poter ammirare in foto queste "miniature" e leggerne un po' la storia.
Molto volentieri, anzi con immenso piacere, rivelo l'indirizzo di tale sito
http://www.antologiadellapietra.com (potete anche cliccare sul titolo di questo articolo, che è di fatto un link al sito stesso), sperando che nel mio piccolo possa far crescere sempre più il numero di visitatori virtuali, e magari anche in carne ed ossa, dei suoi favolosi castelli.
Un grazie di cuore al Sig. Patrignani per averci voluto dare questa gioia, e anche per aver voluto linkare, anche se immeritatamente, il nostro sito-madre (il cassetto dei sogni) sul suo sito.

Claudio Agostini

martedì 19 agosto 2008

Serlone (di Giovanni GULMINI)

Il silenzio della natura mi sveglia, sento il profumo del caffè che sale dal piano di sotto, la stufa è già accesa, non fa freddo, siamo a giugno del 1962.
Qui in montagna, nella casa dei nonni, non c’è il gas per cucinare, l’elettricità non è ancora arrivata, l’illuminazione è fornita da un lume a petrolio e l’acqua si deve prendere alla fontanella con i secchi.
Esco sulla balconata e sento il profumo dell’erba fresca, il suono dei campanacci delle vacche che pascolano. Un gallo canta per affermare la sua supremazia nel pollaio, gli uccellini cinguettano e un picchio martella un albero per costruire il suo rifugio; nel sottofondo il fiume di fondovalle mormora durante la sua discesa, lo spettacolo è magnifico.
Le nuvole in un cielo blu come mai rivedrò, disegnano forme strane, la mia mente le associa a un cane accovacciato, a un ciclista o visi indefiniti, a volte tetri, altri ridicoli. Si possono passare delle ore ad ammirare questo spettacolo, interrotto solo da alcune scie di aerei che solcano lo spazio celeste, chissà come sarà volare in aereo!?
La nonna ha preparato la colazione, latte fresco e marmellata di prugne raccolte davanti a casa o miele delle api che dimorano poco distante, nelle arnie di un vicino. La natura ci fornisce di tutto il necessario, frutta e verdura del piccolo orto, latte e formaggi freschi, uova e talvolta carne di pollo. Un piatto povero, che ricorreva e di cui ancora oggi sono ghiotto, era la polenta con il latte o il formaggio; il minestrone di verdure colte al momento era una consuetudine, il suo sapore era delizioso, peccato che si mangiasse per almeno tre giorni di seguito…
La sera i pochi residenti di quella frazione si ritrovavano nelle case, al buio, e raccontavano la loro giornata e le storie delle loro gioventù. I loro volti non erano visibili se non dalla tenue luce della stufa a legna che era sempre in funzione, si riconoscevano solo dalle voci, e chi come me era un bambino, rimaneva seduto in silenzio su un piccolo seggiolino di legno o su di un sacco di foglie secche.
Ricordo ancora oggi, dopo tanti anni, quel luogo incantevole; i suoi personaggi e la mia nonna, che non dimenticherò mai…


martedì 22 luglio 2008

Cignana, ovvero a spasso tra sogno e incubo (di Daniela PROTTI)


Prologo


Ognuno di noi ha i suoi miti personali; il mio si chiamava Cignana. Per tanti anni, durante le vacanze in Valle d’Aosta, si parlava, con il mio ormai ex marito, di fare una gita al lago di Cignana, appunto. Chissà perché, per un motivo o per l’altro si rimandava sempre, da un anno all’altro; così io, Cignana, non l’ho vista mai. Quest’anno, che mi vede sola nella mia adorata valle, ho deciso di andarci, e di realizzare questo vecchio sogno.

Dopo tre giorni di pioggia e vento gelido, ecco finalmente il sole; ed eccomi armata di zaino e bastone, sul sentiero per Cignana.
Ho chiesto la strada ad un sacco di persone, che naturalmente mi hanno consigliato un sacco di percorsi diversi, per cui imbocco quello che mi ispira di più e vado.
La mia borraccia è vuota, ma la riempirò alla prima fontana che incontrerò. Tra boschi e pietraie, arrivo alla vecchia centrale idroelettrica senza incontrare un’anima, ma ahimè, senza trovare neppure l’ombra di una fonte. L’unico incontro degno di nota, è una vipera che si srotola mollemente al sole, in un anfratto del muretto a secco. Ci guardiamo per un attimo, poi lei mi pianta in asso, ed elegantemente scivola via tra i sassi.
Riprendo la salita, un po’ assetata ma ancora speranzosa, fino a raggiungere un bellissimo pianoro, dove si trova un pittoresco, quanto palesemente disabitato villaggio; vale una foto, per cui mollo zaino e bastone, cerco la macchina fotografica e… click! Nel bel mezzo della mia foto c’è un ragazzino, che pare spuntato dal nulla; mi ha oltrepassata, e si allontana trascinandosi stancamente. Fatta finalmente la foto riprendo il cammino, e vengo raggiunta nonché superata, da una miriade di ragazzini, che come me disperano ormai di riuscire a raggiungere la meta, e l’acqua…
Mi sorpassano a piccoli gruppi, e ogni gruppo scambia qualche parola con me, che proseguo solitaria; vengo a sapere che sono in un campeggio giù a valle, e che questa è la loro prima gita.
Dopo 3 ore di “cammino” (si fa per dire), giungo ai piedi della diga; la attraverso e risalgo sul versante opposto, da dove un bellissimo ponte, mi riporterà sull’altro lato. Nel frattempo, i ragazzini continuano ad arrivare (ma quanti saranno?), anche se ce ne sono alcuni che sembrano più malconci di me; ne fermo due tra i più grandicelli, sui 15 anni, e chiedo loro di farmi una foto. Va bene tutto, ma dopo tanta fatica, vorrei avere almeno un ricordo, della mia gita solitaria!
Mi accontentano, poi mi salutano e proseguono; continuo anch’io, perché ho ancora la speranza che alla fine del ponte ci sia una fontana. La sete ormai si fa sentire parecchio; ma la mia è appunto solo una pia illusione, perché qui, intorno a un lago, non c’è un filo d’acqua…!
Costeggiata la sponda destra del lago, raggiungo la chiesetta, dove intendo fermarmi per mangiare e riposare un poco; lì sul prato ci sono tutti i ragazzini, una sessantina, che già rifocillati, stanno prendendo in giro a gran voce i ritardatari, tre disperati che barcollano ancora giù per il sentiero dietro di me; be’, in fin dei conti, non sono neppure arrivata ultima!
Mangio i miei panini e mi disseto con la frutta, poi una sigaretta e riparto; non voglio fare soste lunghe, perché visto il mio allenamento praticamente nullo, temo che non riuscirei più a continuare, dopo…
Decido di non tornare per la stessa strada, ma di continuare e salire in cima al passo, alla “finestra di Cignana”, per poi scendere sul versante opposto e tornare a casa. I cartelli indicano un’ora di cammino, per raggiungere la cima: vado.
Dopo una decina di minuti finalmente vedo una cascatella, che saltella allegramente tra i sassi; Acqua!
Era ora! Non so se è potabile, ma non mi interessa; butto tutto a terra e bevo. E’ buona e fresca, e mi riempio la borraccia; fatica inutile, perché scopro poco dopo che da lì in poi, ad ogni curva ne troverò una…
Il sentiero si srotola in mezzo a prati coloratissimi, e il profumo dei fiori è intenso; mi fermo di tanto in tanto per fare qualche foto (e per riprendere fiato), ma la cima è sempre più vicina.
Mi torna anche, inevitabile, il pensiero alla persona con cui a Cignana sarei dovuta andare; a tutto quello che è stato, a tutto il male che ci siamo fatti, e a come tutto è finito…
Termino l’ultimo tratto di salita, con un unico, confortante pensiero: dopo sarà tutta discesa!
Alla “finestra” mi concedo una pausa da “fumino”, e mi riempio gli occhi di questo paesaggio grandioso; poi comincio a scendere. Non c’è un’indicazione per Valtournenche, per cui opto per il sentiero che va verso Perreres, sperando di incrociarne prima o poi, uno che scenda più a sud, verso le “tre casette”, che sono il mio punto di riferimento.
Infatti, dopo un bel tratto lo trovo, semisepolto tra l’erba, ma che indubbiamente scende velocemente verso valle; lascio quello per Perreres, che prosegue dritto come un fuso, e vado giù. E’ davvero impervio, e lo perdo un paio di volte, ma lo ritrovo e continuo. Sbocco su una mulattiera, che però verso sud è interrotta e non mi resta altra alternativa che andare a nord. Scende dolcemente ondeggiando tra i boschi, ma mi viene un accidente quando, uscendo dal folto degli alberi, mi trovo faccia a faccia col Cervino. Immenso, stupendo, luccicante della neve fresca caduta ieri; ma purtroppo per me, troppo mostruosamente vicino!
Almeno, considerando il fatto che io dovevo andare esattamente dalla parte opposta…
Guardo giù, e mi accorgo con disperazione, di essere ben oltre Perreres, e molto molto più in alto…come è possibile?
In questo momento ho davvero paura; sono sola, stanca da morire, lontana anni luce da dove dovrei essere, ma soprattutto, col telefonino inesorabilmente muto; e qui non c’è anima viva.
Continuo a trascinarmi avanti, ma ormai i miei movimenti sono completamente scoordinati; mi è venuto un feroce mal di testa (da panico), e i miei piedi si intralciano tra loro. Inciampo un sasso si e uno no, vacillo, miracolosamente resto sempre in piedi; guardo ancora giù, e vedo ancora chilometri di bosco, tra me e la valle…mi viene da piangere, e piango e cammino, e cammino e piango.
Dopo un’ennesima curva, trovo l’indicazione di un sentiero, che lascia la mulattiera e torna verso sud; senza neppure fermarmi a pensare, mi ci tuffo e inizio a scendere, ora in modo più rapido (e ripido), attraverso un fitto bosco. Sembra che non finisca mai, ma poi a un tratto le vedo…le tre casette!
Grazie al cielo le ho ritrovate; ringrazio mentalmente tutti coloro ai quali, sempre mentalmente, avevo chiesto aiuto, Cervino compreso. So di avere ancora un sacco di strada da fare, ma almeno so dove mi trovo…
Giunta finalmente alle casette, mi concedo una pausa, mi fumo la mia sigaretta, e poi riprendo con un altro spirito, il cammino. All’alpe Tomaley mi ristoro alla fontana, mi riposo un poco e poi mi avventuro giù per il bosco, sulla scomodissima e faticosa scorciatoia, che mi riporterà giù più velocemente; quando i miei piedi toccano l’asfalto di Crepin, mi fanno male anche muscoli che neppure sapevo di avere….le gambe mi tremano, e il mal di testa ha raggiunto un livello da “allarme rosso”. Due secondi seduta sui gradini della chiesa, e poi avanti; mai, Crepin mi era sembrato così lungo da attraversare…
Gli ultimi metri prima di arrivare all’albergo li faccio per inerzia, nella mia mente un solo pensiero: levare le scarpe…….!

mercoledì 11 giugno 2008

Notte di Natale (di Fabrizio CASSINELLI)

Mancavano pochi giorni a Natale; la piccola Daniela non aveva ancora scritto la letterina a Babbo Natale, non perché fosse indecisa su cosa chiedergli, le sue richieste avrebbero riempito senza difficoltà il foglio bianco, ma..
Ma aveva scoperto la Verità. Una cruda Verità che cambiava il corso della sua vita: Babbo Natale non esisteva. Se non nei sogni e nei desideri dei bambini.
Il vecchio con la barba bianca e lo splendido vestito rosso era solo un’invenzione, per mascherare la Verità.
Pensò ai bambini che prima di lei avevano fatto la triste scoperta, vedendo mamma e papà mettere i doni sotto all’albero addobbato.
Come avevano reagito?
Dalla finestra della sua cameretta, la bimba guardò la sua immagine riflessa nel vetro, con i riccioli castani che cadendole sulle spalle incorniciavano il viso deluso.
La neve scendeva lenta e silenziosa a ricoprire il giardino che circondava la casa, incurante dell’esistenza di Babbo Natale.
La neve sapeva da sempre.
Daniela guardò il foglio bianco sul suo lettino, appoggiato su una coperta di lana, ricamata con il Grande Vecchio a bordo della sua slitta, trainata dalle renne, che solcava il cielo.
Una lacrima scese lungo le guance pallide.
Nel caminetto un ciocco di legno profumato scoppiettava, riscaldando la camera, ma non il cuore gelido della bambina.
Dal corridoio le giunse il vociare di Margot; velocemente asciugò le lacrime e si sedette alla scrivania, davanti a quel foglio che avrebbe desiderato scrivere, ma che, in quel momento rappresentava solo una sconfitta interiore.
La sorellina entrò in camera con la violenza dell’uragano e raggiunse Daniela, guardando la letterina ancora senza scritte.
«Non sai cosa chiedergli?»
Per un istante Daniela fu sul punto di scoppiare a piangere, raccontando tutto alla sorellina, ma riuscì a trattenersi.
«Ma piantala, è che vorrei tante cose e devo decidere.»
Margot uscì dalla camera, come era entrata; correndo.
Daniela scosse la testa guardandola e pensò a quanto fosse fortunata, non sapendo ancora la Verità..
Rigirò tra le mani la cannuccia d’avorio, con il presepe intagliato e il pennino d’oro, regalo dell’anno precedente, quando ancora pensava che Babbo Natale fosse sceso dal camino, lasciando i doni sotto l’abete, addobbato con le palline di vetro colorato.
Intinse il pennino nell’inchiostro blu e scrisse.
«Caro Babbo Natale, non so a chi sto scrivendo veramente. So che non esisti, ed è una brutta cosa, ma non dirò niente a Margot. Lei è ancora piccola, non voglio che soffra come me.
Avevo tante cose da chiederti, ma adesso a chi le chiedo?
Ciao.
Daniela»
Appoggiò il foglio di carta assorbente sulla letterina, asciugando l’inchiostro e la lacrima caduta sulla pagina incompleta, poi lo guardò sorridendo. Quelle poche righe avevano lo stesso colore della lacrima.
Piegò il foglio e lo inserì nella busta, senza scrivere l’indirizzo, sapendo che non sarebbe uscita di casa, quella lettera.
Scese nella grande sala, dove nel camino ardevano diversi ciocchi.
«Brava stupida, come farebbe Babbo Natale a scendere dal camino, con quel fuoco?»
Un altro colpo alla fasulla storia; sorrise alla mamma, che sul divano stava rammendando un vestito rosso.
«Hai scritto la tua letterina, amore?»
La voce della mamma, che, ignara della scoperta fatta dalla figlia, trasudava compiacimento per quel gioco, dove nulla sembrava essere più reale, suonò finta alle orecchie di Daniela.
«Sì.», fu la laconica risposta, la mancanza di entusiasmo era ben evidente. Le volte precedenti la bambina aveva svelato alla mamma le sue richieste; cosa che in quel momento non si sentiva di fare.
«C’è qualcosa che non va?»
«No, vado a giocare con Margot.»
Daniela appoggiò la letterina sotto l’albero, in modo che potesse accorgersi se fosse stata toccata da qualcuno, prima dell’arrivo del Babbo Natale.
Prima di andarsene prese un dolcetto dal vassoio al centro del grande tavolo di noce che a Natale sarebbe stato imbandito all’inverosimile e corse verso la stanza da dove proveniva la voce della sorellina, seguita dallo sguardo preoccupato della mamma.

Mezzanotte si stava avvicinando troppo velocemente per Daniela e troppo lentamente per Margot.
La cena della Vigilia era finita e la famiglia era riunita davanti all’albero e al Presepe, che il papà delle bambine aveva allestito con cura maniacale.
«Quando arriva Babbo Natale?»
Margot non stava più nella pelle. Daniela la guardò, provando un attimo di rabbia, ma nascose molto bene le sue emozioni.
«A mezzanotte, quando noi dormiamo; lo sai!»
La mamma capì in quel momento che Daniela sapeva.
«Fine della magia del Natale per lei. Troppo presto.»
Il piattino con il cibo e il bicchiere di vino rosso per Babbo Natale, oltre al fieno per Rudolph, rattristarono ancor di più Daniela.
«Chi mangerà il formaggio? E il fieno? Finirà nel camino?»
«Margot, andiamo a letto.»
Le bimbe salutarono mamma e papà, poi salirono di corsa le scale.

Quando fu sicura che le figlie stavano dormendo profondamente, la mamma prese le letterine e le aprì, leggendole insieme a suo marito.
Margot chiedeva una bambola per lei e una per la sorella, e che Babbo Natale proteggesse la sua famiglia. Ne aveva parlato per tanto tempo, delle due bambole, che non c’era bisogno di leggerlo sulla letterina ed erano state comprate in anticipo sul Natale.
Quello che lessero sulla lettera di Daniela, invece li lasciò di stucco.
«Prima o poi doveva succedere, cara.»
«Lo so, ma è brutto.»
I libri di avventure di cui Daniela parlava, erano comunque già in casa e li misero sotto all’abete, con le due bambole; poi anche i genitori andarono a dormire.
Al dodicesimo battito della pendola, Daniela aprì gli occhi, quasi spaventata. Era abituata a sentirne i rintocchi, al punto di non svegliarsi fino al suo solito orario, ma in quel momento sembrava che il suono non fosse il solito.
Si alzò, cercando di non svegliare Margot e uscì dalla camera.
Sentì suo padre russare e nient’altro.
A piedi nudi, per non far rumore, scese le scale; stranamente i gradini di legno non scricchiolarono.
La cosa le sembrò alquanto strana; giunta alla base della scala, si girò a guardarla: era la solita scala, uguale ad ogni volta che l’aveva salita e ridiscesa.
Si incamminò sul gelido pavimento verso il soggiorno, da cui proveniva il chiarore del fuoco nel camino, non ancora spento.
La sorpresa fu enorme, nel trovare, seduto sul divano, un uomo con la barba bianca e il vestito rosso, intento a mangiare il pane e il formaggio che avevano lasciato sul tavolo, ma la cosa che più le fece sgranare gli occhi per lo stupore fu la presenza di una stupenda renna, con il muso affondato nel fieno.
Daniela si diede un pizzicotto su una mano e sentì il dolore; era sveglia.
L’uomo si girò verso di lei e Rudolph si alzò a guardare la bambina sulla porta.
«Ciao Daniela, vieni, siediti qui, vicino a me.»
La bimba avanzò verso di lui, come se non potesse resistere al richiamo della voce.
«Ma tu, sei..»
«Babbo Natale; quello che pensavi ti avesse tradito. Eccomi qui, solo per te, per dirti che esisto.»
Daniela allungò timidamente una mano verso la barba, seguita dallo sguardo di Rudolph, che lasciò il fieno avvicinandosi al divano.
«E’ vera, tirala pure se vuoi.»
Daniela non andò oltre, resistette all’impulso.
L’uomo le accarezzò i capelli, e la baciò in fronte. La bimba si sentì pervadere da un calore che non proveniva dal camino.
Il muso di Rudolph era a pochi centimetri dal suo viso e il caldo fiato la riscaldava.
Il suo cuore aumentò i battiti, quando la renna le sfiorò una guancia; sentì il naso umido e subito dopo la lingua dell’animale. Per nulla spaventata apprezzò quel gesto, tenero di amicizia.
«Ma come fai con gli altri bambini?»
«Il tempo si ferma, anche se voi non ve ne accorgete. E io vado a trovarli tutti. Con qualcuno, come te, devo cercare di recuperare la fiducia in me, ma non è un problema. Finisco sempre il mio compito. Mi diverto, ingrasso qualche chilo, con tutto quello che mangio, ma alla fine sono felice, come lo sarai tu domani mattina.»
Rudolph diede un colpetto a Babbo Natale, facendogli segno che dovevano andare.
«Vedi, ci pensa lui a ricordarmi che devo riprendere il viaggio.»
Dal sacco appoggiato vicino al camino, il Vecchio prese due pacchettini e li appoggiò vicino ai doni che già erano sotto l’albero, poi si alzò e salutò la bimba.
L’ultimo rintocco della pendola svegliò Daniela. Si guardò intorno. Era nel suo letto e Margot dormiva profondamente.
Scese dal letto e uscì dalla camera.
Il russare di suo padre la fece trasalire.
Scese le scale, non riuscendo a non far scricchiolare i gradini.
Il fuoco nel camino era spento, ma la brace illuminava a sufficienza il soggiorno.
Si avvicinò al tavolo. Il piattino e il bicchiere erano vuoti.
Corse vicino al divano. Briciole di pane erano sparse per terra.
Corse all’albero. I doni erano lì, ma non le interessavano. Cercò i due pacchetti di carta rossa.
Il cuore cominciò a battere furiosamente quando li vide.
Ne prese uno e lo aprì.
Rimase a bocca aperta quando vide un Babbo Natale di peluche, poi avvertì il dolore alla mano sinistra.
Un livido nero in mezzo alla manina candida.
Si sentì quasi mancare, poi corse verso le scale.
«Margot, Margot, è arrivato!»


Samba pa Ti (di Daniela PROTTI)

Le persiane socchiuse, la stanza in penombra; non una voce fuori, nel cortile.
Nella quiete del pomeriggio estivo, nell’illusione di un fresco che non c’è, chiudo gli occhi….
La chitarra di Carlos Santana, mi riporta piano piano indietro nel tempo.
La mia stanza, il mio letto, i miei anni, non ci sono più; ho 15 anni, un improbabile mini-abito pantalone, e il terrore di trovarmi per la prima volta, in una sala da ballo.
Si, lo so che oggi si dice discoteca; ma allora no; allora si chiamava sala da ballo, e suonavano regolarmente 3 balli lenti e 3 “shake”.
Lo shake! Per una ragazzina timida come me, un incubo!
La musica, tassativamente “dal vivo”, aveva un volume sopportabile, e chi non ballava poteva anche permettersi il lusso di chiacchierare.
Nella mia compagnia, sono “la piccolina”, perché nonostante superi in statura tutte le mie amiche, sono la più giovane; e l’unica, che non è mai stata a ballare.
Mi guardo intorno frastornata, cercando di capire come funziona…
Il complesso inizia a suonare; è un complesso locale; si chiamano “Le pesche sciroppate”, e suonano canzoni di cantanti famosi. I ragazzi si alzano e cominciano a girare tra i tavoli, alla ricerca di una compagna di ballo.
Ad ogni educato “no grazie”, si rivolgono a quella seguente. Poverettti, eh? Pensandoci ora, neanche loro avevano vita facile! Chissà quanti “no grazie” hanno dovuto accettare, prima di riuscire ad accompagnare una ragazza sulla pista!
Ma intanto, la coda di ragazzi si avvicina pericolosamente al nostro tavolo; cosa faccio? Dove guardo? Le mie amiche, perfide, si godono lo spettacolo del mio imbarazzo; loro, che timide non sono affatto, non capiscono il mio sacrosanto terrore…
E mentre sono concentratissima a fissare le modanature del soffitto, sento una voce molto vicina, che mi dice: scusa, balli? Ma le modanature sono “troppo” importanti, così non rispondo…se ne andrà! No. Non se ne va. Continuo imperterrita a studiare i ghirigori, ma sento un tocco delicato sul braccio, e la solita voce: scusa, balli? ‘cidenti, devo proprio rispondere; per forza…sono una ragazza educata, io!
Mi volto, serafica, lo guardo e…BALLI? Guardo le amiche di sottecchi: se rifiuto non mi salvo più.
Va bene! Mi alzo, e lui mi fa strada sulla pista affollata…mi cinge alla vita, e io appoggio le mani sulle sue spalle…il punto più alto della sua testa mi arriva al naso…e stanno suonando “Samba pa ti”!
I musicisti ci mettono l’anima, ma Santana è un’altra cosa….e poi, c’è quella nota così stonata….
Ci metto un po’, prima di rendermi conto che la nota stonata è il campanello di casa, che suona all’impazzata; schizzo giù dal letto, e corro ad aprire…
Mamma, ma dov’eri? Perché non rispondevi? Mi hai fatto preoccupare!
Dov’ero, dov’ero…ero a ballare!


Gita al lago (di Daniela PROTTI)

Arriviamo a Stresa nel primo pomeriggio; il traffico è praticamente inesistente, e la giornata è splendida.
Parcheggiata l’auto a pochi metri dal lago, mi affaccio alla balaustra, per godermi lo spettacolo…
Migliaia di stelle dorate, luccicano sull’acqua, dove qualche placido gabbiano dondola dolcemente, appollaiato su una boa.
Al di là del maestoso cancello, ottenuti i nostri biglietti da una cassiera probabilmente seccata dal fatto di doversene rimanere intrappolata lì tutto il pomeriggio, imbocchiamo il viale, che salendo dolcemente, ci porterà nel cuore del parco.
La primavera qui, è un’ esplosione di colori; fiori di centinaia di specie diverse, mescolano il loro profumo a quello del sottobosco; una cascatella gorgoglia allegramente, saltellando sulle rocce, e a mio marito e a me, sembra per un attimo di essere sulle nostre montagne, nel posto che noi abbiamo sempre chiamato “casa”.
Risalendo pian piano la collina, ci fermiamo di tanto in tanto per guardare il lago Maggiore, che da qui ci offre un panorama idilliaco, e per fotografare i fiori; anche se la nostra macchina fotografica, non sembra essere all’altezza di ciò che le chiediamo.
Ci sono alberi altissimi, che attraggono la mia attenzione; ufficialmente: perché in realtà mi sono fermata a riprendere fiato… ahimè, i chili che ho messo quest’ inverno si fanno sentire… comunque leggiamo che si tratta di “Tulipiferi”; nome che ci è totalmente sconosciuto, ma che si presta facilmente ad eventuali giochi di parole, perché scopriamo che questo tipo di albero, viene usato per la costruzione di strumenti musicali.
Dopo un po’, ci troviamo davanti ad un cancelletto girevole, che attraversiamo; da qui in avanti, incontreremo gli animali.
I daini hanno ancora la “tenuta” invernale; il loro manto è ancora chiarissimo, ma a poco a poco tornerà ad essere del color marrone “estivo”. Ci fermiamo davanti ad una gabbia, all’ interno della quale, un orsetto lavatore cerca incessantemente una via d’uscita; deve essere terribile, per lui, essere relegato lì dentro…
Poco più avanti, vediamo un castoro, placidamente addormentato nella sua tana; e mentre lui dorme, i suoi dentini continuano meccanicamente a rosicchiare! E’ tenerissimo da vedere, e ci piacerebbe poterlo accarezzare….
Ovviamente, il signor Castoro ha una consorte, che mentre il marito dorme, fa tranquillamente colazione…
Le donne, si sa, sono più dinamiche!
Lungo il nostro cammino, abbiamo modo di “incontrare” anche qualche canguro, che non si degna di fare neanche un saltellino (antipatico, cosa gli costa?), e due o tre struzzi; sarà che non c’ è Will Coyote, ma anche loro si limitano a passeggiare pomposamente…
Arrivati alle serre, il profumo del lillà ci inebria; è delizioso….e invisibile! Ma i giardinieri, qui si sono sbizzarriti, e lo spettacolo delle aiuole è meraviglioso.
Dopo una “pausa gelato”, riprendiamo il nostro cammino; piano piano torniamo a scendere dalla collina verso il lago, il parcheggio, e la nostra macchina, che ci aspetta comoda e calda… sotto il sole…!


sabato 7 giugno 2008

La macchia di Nulla (di Daniela PROTTI)

Ho sempre sostenuto si trattasse di vigliaccheria.
Ho sempre pensato che bisogna rialzarsi e riprovare, ogni maledettissima volta.
Ho sempre detto: troppo comodo, mollare tutto e via….
Mi sbagliavo.
Potrebbe trattarsi di Infelicità. Una forma purissima e letale di Infelicità.
Oh, non quella che ti piomba addosso come una randellata e ti fa stramazzare a terra, no.
Da quella ti puoi difendere, ti puoi rialzare e combattere.
Quella più furba; che ti si annida da qualche parte dentro, come una macchia di Nulla, che piano piano fa sparire tutto, mentre scivola dal cuore alla testa, dalla testa al cuore.
E dietro di sè, non lascia niente, solo il Nulla.
Ma non te ne accorgi subito, no. Piangi, gridi, provi ancora, ti aggrappi a qualsiasi cosa, ma non ce la fai; e allora cerchi dentro, e scopri che non c’è più niente. Non è rimasto niente, ma il Nulla dentro di te pesa come un macigno. Gonfio della tua vita, l’ha trasformata in pura essenza di Infelicità. Ti obbliga a trascinarlo con te, e tu non riesci più ad alzarti, a muoverti, a vivere.
Ci provi ancora, in tutti i modi, ma la macchia di Nulla non viene via, non si cancella, e non ti restituisce la tua anima.
E’ allora, che ci pensi…un Nulla in cambio di un altro…non sarà mai peggio di questo…
Splash!


sabato 17 maggio 2008

Il Premio Majella a Rho (Milano) (di Claudio Agostini)


Per coloro dei nostri lettori che dovessero trovarsi domani, domenica 18 maggio, in Lombardia, è più precisamente nei pressi di Rho, o che nelle vicinanze dovessero risiedere, segnaliamo una interessante occasione per conoscere più da vicino l'Abruzzo, Gabriele d'Annunzio e la sua Ambasciatrice, Daniela Musini.
Infatti in quella graziosa e antichissima cittadina alle porte di Milano, che la leggenda vuole abbia origine nientemeno che dall'isola di Rodi, ma sicuramente di origine Romana, si organizza annualmente il Premio Majella, uno degli appuntamenti culturali più rilevanti della sua vita mondana.
L'edizione 2008 vedrà personaggi importanti quali: Padre Renato SALVATORE, Superiore Generale dei Camilliani nel mondo, Enrico DI NICOLA, Procuratore Capo della Repubblica di Bologna, Dom SERAFINI, giornalista, scrittore e imprenditore.
Il Premio è promosso e organizzato dall’associazione “La Maiella” di Rho in omaggio al mondo abruzzese e molisano , e quest'anno, in occasione del 70° anniversario della morte di Gabriele d'Annunzio, avrà anche uno spazio dedicato al Vate.
Infatti la cerimonia sarà allietata dalla a noi ben nota Daniela Musini (non la chiamiamo più Professoressa, visto che ha dichiarato di essere una amica del Cassetto e come amica vuole essere trattata) e dal suo «Amor mio crudele, passioni fatali e divine di Gabriele D’Annunzio», spettacolo da lei stesso scritto e interpretato.
La cerimonia, che vedrà poi la premiazione di quegli Abruzzesi illustri che hanno portato il nome d'Abruzzo fuori dei suoi confini, avrà inizio alle ore 15:30.
Per il programma completo rimandiamo a questo indirizzo, dove potrete scaricare locandine e programma in formato pdf

http://www.danielamusini.com/popupRho.html

Vi auguriamo un divertente e interessante pomeriggio domenicale.


mercoledì 16 aprile 2008

Recensioni - Lucrezia Borgia: misteri, intrighi e delitti (di Claudio AGOSTINI)

In una serva Italia dominata con metodi democratici, umanitari e caritatevoli da Signori Italici e Principi stranieri, un'incantevole donzella dominerà e sarà dominata dagli eventi.
Le sue sole colpe forse saranno quelle di aver voluto dare sfogo ai sensi della carne, ed essere appartenuta ad una Famiglia scomoda e “orrorosa”, quella dei Borgia.
Lei è Lucrezia, figlia del Papa (sic!) Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia, e di Vannozza Catanei, e sorella dell'altrettanto famoso e sinistro Cesare, braccio armato della Santa Sede dell'epoca.
Una storia, iniziata il 18 aprile dell'Anno del Signore 1480 e terminata 39 anni dopo, il 24 giugno del 1519, intrisa di sfarzo, sesso e violenza, cose tutte praticate dai suoi familiari, in primis dal babbo famoso e potente, dai fratelli, e da lei stessa, anche se sembra che per Lucrezia non ci siano prove certe atte a giustificare l'epiteto di avvelenatrice con cui ce la consegnò la Storia.
In questo racconto su una donna affascinante, intelligente e scandalosa per il suo tempo, ma che oggi crediamo avrebbe serie difficoltà ad emergere dalla massa, visti i tempi e visto l'agguerrita concorrenza delle rappresentanti del suo stesso sesso, leggeremo delle sane passioni che aleggiavano nelle corti e soprattutto nelle alcove, delle usuali violenze che con garbo si scambiavano gli attori che calcavano il palcoscenico della Italica (ma non solo) storia del XV secolo, incontreremo personaggi illustri e famosi, quali Pietro Bembo, Torquato Tasso, Michelangelo Buonarroti, Nicolò Machiavelli, Pietro Aretino, Girolamo Savonarola, spieremo splendide cortigiane entrare e uscire con grazia e disinvoltura da letti non propri, a volte senza nemmeno far caso se in quei letti vi dorma il Signore o la Signora, assaggeremo succulenti manicaretti provenienti dalle varie contrade d'Italia e d'Europa, scopriremo a questo proposito che in quel periodo vivacissimo e frizzante usava mangiare per prima l'insalata (che per questo veniva detta incisame), per passare poi ai dolci e infine al companatico, tutti serviti in vasellame preziosissimo, e innaffiato da prestigiosi e raffinati vini “da bocca” briosi e “festevoli”, assisteremo a scontri epici, inganni machiavellici, ripensamenti e ravvedimenti dubitevoli.
In una parola, vivremo come in un film la vita di una donna stupenda, tra le più chiacchierate protagoniste della Storia.
E questo film ci viene proposto dalla sapiente regia e dalla avvincente sceneggiatura di Daniela Musini, altrettanto splendida donna ma dei giorni nostri, che a 5 secoli di distanza ci ripropone con maestria una storia da tutti sentita ma ai più sconosciuta nella sua intierezza e nelle sue recondite trame.
Daniela Musini tratteggia con vivacità e brio una storia che, studiata sui libri di scuola, all'uso italiano di studiare la Storia, annoierebbe e verrebbe dimenticata già al suono della campanella, mentre con il suo dire arguto e il suo spiare dal buco della serratura del tempo ce la rende interessante e accattivante.
In questo suo modo di raccontare allegramente qualcosa che potrebbe essere ostico ci fa pensare a un grande vecchio del giornalismo e della scrittura, Indro Montanelli, che scrisse una Storia d'Italia, e in particolare una Storia di Roma, da vero pedagogo, attento conoscitore di come catturare l'interesse di grandi e piccini, farli appassionare e invogliarli a leggerne sempre di più
Ecco, Montanelli ci fece conoscere in modo simpatico Roma, i suoi Re, i suoi Imperatori e i suoi Generali, e la Musini ci fa conoscere in maniera altrettanto egregia Alessandro VI, Papa/padre/padrone, e i suoi discoli figlioli.
Ecco come si racconta la Storia !!!!!
E la cosa non finisce qui.
Sempre per opera della mente e della penna (o del computer, visti i tempi) di questa simpaticissima e affascinante viaggiatrice del tempo presto ne leggeremo delle belle su un'altra Signora della Storia, quella che fu appellata la Puttana Imperiale (Giovenale, Satire): Messalina.
Restate in attesa, e preparatevi una bella poltrona comoda su cui “spalmarvi” per leggere queste chicche.

Daniela MUSINI: Lucrezia Borgia - Misteri, intrighi e delitti.
Editore: Stampa Alternativa Nuovi Equilibri

Collana: Fiabesca

Anno di pubblicazione: 2005

sabato 5 aprile 2008

Daniela Musini, il Premio Sarah Ferrati e d'Annunzio "esportato" (di Claudio AGOSTINI)

Torniamo a parlare della Professoressa Daniela Musini, perchè domani a Scandicci (Firenze) sarà premiata con la Coppa Sarah Ferrati 2008 per autori di teatro (vedi articolo "Il Centro" di ieri 4 Aprile 2008 qui a lato - cliccare sulle varie immagini per ingrandirle).
Ecco il link alla presentazione dell'evento sul sito stesso di Daniela Musini - http://www.danielamusini.com/popupPremioFerrati.html
Ci fa piacere parlare spesso della Professoressa in quanto validissima scrittrice, validissima attrice, validissima pianista, e massima conoscitrice del Vate.
In un blog di cultura, come si compiace essere questo nostro Cassetto, ci sembra normale parlare di persone che la Cultura con la c maiuscola la fanno e la vivono tutti i giorni, senza naturalmente togliere nulla o voler umiliare i "neofiti" appassionati che fanno cultura per diletto. D'altronde da sempre il nostro sito prima e questo blog poi hanno ospitato qualsiasi scritto o opera ci pervenisse, hanno dato voce a tutti coloro che volevano parlare, naturalmente nei limiti della decenza. Non ci si può dunque accusare di partigianeria o peggio di piaggeria. Il fatto poi che la Professoressa ci degni della sua amicizia è altra storia, che non inficia la serietà di questo blog.
In sintesi, ci fa semplicemente piacere comunicare ai nostri lettori quanto veniamo a conoscere sul mondo della cultura, e a indicare eventi che possano essere di un certo interesse.
A questo proposito comunichiamo anche che il 24 Aprile prossimo venturo a Colonia (Germania), presso l'Istituto Italiano di Cultura, la Professoressa Musini terrà un recital dal titolo "Amori e fulgori di Gabriele d'Annunzio" (d'obbligo la d minuscola, scelta dal Vate come segno "de nobilitate, altrimenti la Professoressa ci bacchetterà....).
Per chi mastica un po' di tedesco, alleghiamo riproduzione della pagina in tedesco del sito web dell'Istituto Italiano di Cultura, e per chi invece di teutonico non vuol sentir parlare, ecco la stessa pagina in versione "spaghetti e mandolini"
Questo è il link alla pagina del sito dove si possono avere delucidazioni sull'evento
http://www.danielamusini.com/popupColonia.html
Chi si trovasse in quei giorni a Colonia è avvisato.
Chi invece il giorno 11 del prossimo mese di Maggio passasse dalle parti della città dannunziana potrebbe assistere alla "Serata dannunziana" con proiezione del film di Gerdiglio Angeloni "Tu, signor del pennello, io de la rima...", incentrato su Gabriele d'Annunzio e il Cenacolo michettiano di Francavilla, al termine della proiezione del quale la Professoressa interpreterà alcune pagine di d'Annunzio
http://www.danielamusini.com/popupSeratadannunziana.html

Io e lui (di Daniela PROTTI)

Gigio. Ma chi è Gigio?
Se facessimo il gioco dell’associazione di idee, diremmo…un topo! E invece Gigio è un gatto: o meglio, fa finta di esserlo. Sono sempre stata convinta che fosse qualcuno travestito, o vittima di un incantesimo; la verità è che il suo modo di essere, non aveva niente di…gattesco.
Avete presente un bellissimo, elegante, maestoso felino…che non salta?
Ebbene, Gigio non sapeva saltare, e quando doveva arrampicarsi alla vertiginosa altezza della lavatrice… prendeva la rincorsa. Dapprima guardava e valutava, poi, piano piano retrocedeva elegantemente di 3-4 metri: si fermava un attimo per concentrarsi, poi partiva di gran carriera, il più delle volte, per stamparsi sulla parete laterale dell’ elettrodomestico.
Abitavo allora, in una piccola casa al pianterreno, molto vicino alla stazione; Gigio trascorreva molto tempo mollemente sdraiato sul davanzale a guardare i treni, che passavano a non più di 4 metri dalla finestra; questo faceva sì che alla sera, rientrando dal lavoro, mi succedeva sovente di trovarlo tutto nero di fuliggine; il che mi obbligava a prenderlo e tuffarlo nella vaschetta per il … bagnetto. Si dice che ai gatti non piaccia l’acqua; eppure lui giocava e si divertiva un mondo; quando avevo finito di strigliarlo a dovere, lo avvolgevo in un asciugamani e gli facevo la messa in piega. Il fon gli piaceva, e si crogiolava placidamente nel tepore che ne usciva.
Se questo non bastasse, a far insorgere qualche dubbio sulle origini feline di Gigio, possiamo aggiungere che aveva una qualità molto particolare: era un gatto cronometro, con la puntualità di un banchiere svizzero. Infatti, nel periodo in cui abbiamo condiviso lo stesso tetto, io non ho mai avuto bisogno di puntare la sveglia al mattino; quando era ora che mi alzassi per andare al lavoro, molto presto, Gigio arrivava sul letto, e dolcemente, mi dava dei buffetti sulla guancia per svegliarmi. Non era necessario controllare la sveglia: erano sempre le 5,55!

Come ogni gatto cittadino ed emancipato, lui la sera usciva; io anche, ma non frequentavamo… le stesse compagnie! Siccome ero l’ unica, di noi due, ad avere le chiavi di casa, Gigio stabilì di essere a casa alle 2 precise. Così, quando ero in casa, bussava per farsi aprire, e quando ero fuori, sapevo che lo avrei trovato lì, sul gradino, ad aspettarmi.
Anche per i suoi pasti, era decisamente indipendente: al mattino, faceva colazione con me… latte e biscotti; ma durante la giornata non aspettava certo che gli servissi il pranzo, no… apriva l’ armadietto dei croccantini e si serviva.
Certo, non è che tra noi siano state tutte rose; abbiamo avuto anche i nostri… litigi;
ad esempio, quale poltrona toccava a me e quale a lui; ma riuscivamo sempre a metterci d’accordo; infatti a lui toccava sempre… la mia.
Eh, si, un pochino prepotente lo era, Gigio; ma come vorrei, che fosse ancora qui con me!

Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 21 Settembre 2006

La prima volta (di Giovanni GULMINI)

Incendio!!!

La campanella suona; trenta secondi per scendere dalla branda, indossare indumenti e stivali, recuperare il materiale di protezione e partire.
Trenta fulminei secondi; ma per chi soffre o è in pericolo sono interminabili. Nella rimessa l'autopompa è in moto, si parte...!
La sirena diffonde il suo suono per le vie della città; nel cuore della notte la gente dorme, ma per qualcuno è un momento di sofferenza. L'equipaggio è sereno; ognuno conosce il suo compito, e l'adrenalina dentro di loro scorre velocemente, così come il tempo. L'autista conosce le strade, e sa di dover arrivare il più velocemente possibile; pigia l'acceleratore, e il mezzo corre, sembra volare tra le case, sfiora le poche auto che circolano; i suoi riflessi sono pronti alla reazione, all'imprevisto; la sua attenzione è al massimo. Il capo squadra fa le ultime raccomandazioni: "siate prudenti e massima attenzione"; lui veglia su tutti noi come un fratello maggiore, siamo tutti fratelli...
Brucia un fienile con una piccola stalla per il ricovero delle mucche; un vetusto mezzo agricolo sta bruciando, e bisogna agire in fretta, portare in salvo le bestie, e domare l'incendio prima che attacchi la casa colonica adiacente...
Il bagliore dell'incendio illumina la campagna; i lapilli salgono verso il cielo stellato; tutta la famiglia ci aspetta trepidante e ansiosa; si rasserenano quando sentono la sirena e intravedono il blu dei lampeggianti, fendere l'oscurità. Il fienile ed il mezzo agricolo sono persi, ma il bestiame, due mucche ed una capra, sono in salvo; per della povera gente, avere salvato gli animali è stato un dono. Piangono per il foraggio perso e per il trattore che alleviava la fatica dei campi, ma ti regalano un sorriso di riconoscenza che non dimenticherai mai; quel sorriso che ti fa pensare che ogni giorno sarà un giorno non vissuto, se non avrai fatto qualcosa per gli altri.

Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 16 Gennaio 2007

giovedì 3 aprile 2008

Cornello dei Tasso - La nascita del servizio postale (di Daniela PROTTI)

** Nota: la parte testuale di questa pagina è frutto di spigolatura da altri siti della rete (di cui si riportano gli indirizzi nella parole cliccabili, mentre le foto pubblicate sono di proprietà dell'autore Fabrizio Cassinelli **
La Nascita del Servizio Postale in un angolo suggestivo della Valle Brembana Un borgo della Lombardia, una famiglia famosa, la nascita del servizio postale in un angolo suggestivo della Val Brembana. Si raggiunge solo a piedi, tra I prati, lungo la mulattiera che porta in pochi minuti all'ingresso del paese. Poche case, un lungo porticato, le travi annerite dal tempo, una chiesetta e un bar che funziona come posto di telefono pubblico, trattoria, posteria, e centro ricreativo. Non c'e' un'anima in giro, gli uomini sono fuori al lavoro, solo una donna con grembiule e stivaloni che spazza la soglia di casa e mi guarda stupita quando vede lo zaino, il cavalletto e le macchine fotografiche; sono rimasti in pochi a vivere a Cornello. Un borgo fuori dal tempo, uno scherzo dalla civilta'. Ma per capire meglio occorre fare un passo indietro nella storia. Nel medioevo infatti era una vivace stazione di sosta lungo la "Via Mercatorum"" che, attraverso la Val Brembana, collegava Bergamo e la pianura alla Valtellina e I Grigioni. I mercanti salivano fin qui a piedi o a cavallo, vi tenevano il mercato e ripartivano con armi e bagagli slla volta di passo S.Marco. Cornello era una sosta d'obbligo tra la media e l'alta valle Brembana che portava al Passo della Forcella e di li' a Lecco e I laghi. Ma l'antica via era scomoda e faticosa e I Veneziani pensarono di costruire una strada migliore a fondovalle. Il progetto fu portato a termine alla fine del XVI secolo e taglio' fuori Cornello, determinando il suo isolamento e l'inevitabile decadenza. Una magra fine, se vogliamo, ma questo evento ha conservato il borgo come era, le case dai tratti rustici, la via porticata che serviva per la sosta dei cavalli, la chiesetta con I suoi affreschi del '400, e la bella dimora dei TASSO, questi ultimi, la vera gloria di Cornello dei Tasso. La famiglia alla quale apparteneva il poeta Torquato e' infatti originaria di qui. All'inizio, come I loro conterranei, erano poveri in canna e nemmeno di buona costituzione fisica. Cosi' mentre I montanari forzuti emigravano alla volta di Genova e Venezia, loro si dedicavano al *terziario* organizzando il servizio di posta nella valle. Già attivi nel XIII secolo, I Tasso fanno capo a Omodeo, segnalato in documenti della seconda metà del secolo come abitante del Cornello. Nel corso del Quattrocento alcuni dei suoi discendenti si trasferirono a Venezia, dove si distinsero nella Compagnia di Corrieri Veneti che gestiva I collegamenti con le città italiane. Alla fine del Quattrocento li troviamo in Tirolo e nelle Fiandre, al servizio degli Asburgo e agli inizi del Cinquecento, con una serie di convenzioni con il governo, furono nominati mastri generali delle poste imperiali. Nel 1512 l'imperatore Massimiliano d'Asburgo concesse alla famiglia il titolo nobiliare, permettendo che lo stemma del casato, un piccolo tasso e il corno della posta, fosse arricchito dall'aquila imperiale. Nel Seicento i Tasso di Germania ottennero il titolo principesco modificando il nome in THURN UND TAXIS e in seguito continuarono a gestire le poste fino alla seconda metà dell'Ottocento, quando il servizio fu nazionalizzato. Il borgo di Cornello dei Tasso in Valle Brembana conserva oggi I segni di quelle antiche glorie e difficoltà del passato: si vive a fatica, senza trasporti, la terra dà poco oltre I prodotti dell'orto e il fieno per le vacche. Ma il suo fascino sta proprio qui, nell'essere sospeso tra passato e presente, nella genuinità e sincerità dello sguardo incuriosito del vecchio che passando con la gerla sulle spalle scuote la testa divertito e continua verso I campi.
Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 7 Maggio 2007


mercoledì 2 aprile 2008

Troppe ore impegnate (di Samantha D'ORAZIO)

Troppe ore impegnate al suo pensiero,
anni di vita mandati all’aria,
certezze, le poche che avevo, lacerate,
con il pensiero sogno di averlo,
le mie mani scalpitano per accarezzarlo,
i miei occhi non smettono di osservarlo,
la mia vita non può non averlo…
Anche la mia anima cerca inerme la sua,
che fugge spaventata da un turbine passionale
che potrebbe nascere.
La sua perfezione è maestosa,
ed accresce la voglia di farlo mio.

Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 31 Agosto 2004

Dalla parte del lupo (di Fabrizio CASSINELLI)

Finalmente qualcuno è interessato a sapere come sono andate veramente le cose, con quella smorfiosetta di Cappuccetto Rosso.
Sentivo dire in giro che questa bimba fosse bella. Che palle. Cappuccetto Rosso di qua, là, su, giù. La mamma che la vestiva solo di rosso, in estate, in inverno e tutti i fine settimana andava dalla nonnina con quel cesto che lasciava una scia di profumi commestibili.
Provate voi, a saltare il pasto per diversi giorni, poi vedrete che verranno buone anche la nonna e la nipote! Fatto si è, che il primo giorno di caccia cade di sabato e quella là, quella in rosso, se ne va in giro per il bosco da sola. Rossa nel verde. Si vedeva lontano un chilometro! Meno male!
Furtivo, l’avvicino. Sfodero la voce suadente e lo sguardo languido.
- Ciao, piccola.
- Ciao, ci conosciamo?
Il ghiaccio è rotto, proseguo con l’approccio.
- Io ti conosco e anche la tua mamma e la nonnina.
- Davvero?
- Sei Cappuccetto Rosso e la nonnina abita nella casetta in fondo al bosco.
- Che bravo, tu come ti chiami?
- Berto. “Lupo molto svelto, eh, eh, eh”.
- Vado dalla nonna, le porto questo cesto di cose buone. Mi accompagni?
“Fame, tanta fame”.
- No, vado avanti io, così faccio una sorpresa alla vegliarda, cioè, alla nonnina. Ci vediamo dopo. “Ma vieni!”.
Parto come un razzo e lascio di stucco pantere e gazzelle. Lo so che in questa storia non ci sono, ma se ci fossero, ci resterebbero male. Arrivo davanti alla porta della nonna senza più fiato, ma non ho tempo da perdere. Busso.
- Chi è?
Che vocina. Cerco di imitare la bimba, con successo. Magari avrò un futuro nel cabaret.
- Sono la tua nipotina preferita.
- Vieni, Cappuccetto Rosso, la porta è aperta.
Com’è facile fregare gli anziani. Entro e non le lascio il tempo di capire cosa sta per succederle, è talmente magra che in un boccone sparisce. E’ più indigesta la camicia da notte. M’infilo nel letto un attimo prima che arrivi la bimba. La sento bussare e imito la voce della nonna. “Che attore”. Mi tiro il lenzuolo fino quasi alle orecchie.
- Vieni, bocconcino, cioè, tesorino.
Lei entra e ci guardiamo.
- Ciao Berto!
Sveglia la piccola.
- Ciao Cappuccetto Rosso.
Figuriamoci se una così la freghi facilmente.
- La nonna è in bagno, vieni sotto il lenzuolo che le facciamo un sorpresina. “Stavolta ci sei!”.
Eh, come no. Ci viene subito! Scatta come un fulmine verso la porta, più veloce di me e degli animali di prima. Lo so, lo so, non ci sono la gazzella e la pantera: che persone con poca immaginazione. Fatto sta che incontra il cacciatore, fuori dalla casa, e lui non si fa scappare la mia pelle. Ecco questa è la storia, altro che occhi grandi e tutto il resto. Comunque ora sto bene, su questa nuvoletta, i pasti sono abbondanti. Peccato per la nonna che mi guarda in cagnesco dalla nuvola vicina. Tutto il giorno.

Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 8 Maggio 2007

I barboni (di Fabrizio CASSINELLI)

Ero un bambino quando giocavo con tre amichette in una strada in cui sorgeva il dormitorio pubblico.
Via Lunga è il nome del teatro dei nostri giochi, ma avrebbe dovuto chiamarsi, più sensatamente, Via Stretta, quantomeno nel mio immaginario di bambino. Un budello nel centro storico della città.
Il dormitorio pubblico era un luogo dove i barboni, trovavano rifugio per la notte.
Una volta queste persone si chiamavano così: barboni. Oggi si usa chiamarli: senzatetto o, scomodando un termine francese, clochard. D’altra parte una volta i fiumi straripavano, ossia uscivano dalle ripe, per andare a inondare le campagne o le città. Ora i corsi d’acqua tracimano. Peccato che quando straripavano facevano meno danni di quando si sono messi a tracimare.
Ma non tracimiamo dal discorso iniziale. Che siano barboni, senzatetto o clochard, il risultato non cambia: fanno una vita grama.
Quando passavo davanti a quella costruzione bassa e lunga, (non poteva che essere così, per omaggiare il nome della strada), mi chiedevo come fossero i letti.
Letti? Sul libro di scuola, il famoso sussidiario, lessi che queste persone, disadattate, dormivano sui pagliericci. Ecco, cercavo di immaginare il pagliericcio. Una parola che sapeva di antico, di quando i cavalieri attraversavano le lande desolate e si fermavano in qualche sperduta spelonca per dormire sul pagliericcio.
Un pagliericcio non dava conforto, riparava solo dal terreno, magari in compagnia dei pidocchi di chi ci aveva dormito la notte precedente.
Per quelle persone, però, il dormitorio pubblico era come un hotel a cinque stelle, più una. Mi sono sempre chiesto se si lavavano prima di coricarsi, ma credo che non fosse una cosa molto importante per loro.

Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 4 Giugno 2007

domenica 30 marzo 2008

veni, vidi, .......

Veni, vidi, .... non potei! mi ha fatto sapere le Professoressa Musini.
E' venuta a visitare il nostro blog, e voleva lasciare un commento, ma per la innata imbranaggine di chi scrive non ha potuto farlo in quanto la posibilità di lasciare commenti era stata "concessa" solamente ai blogger di questo circuito.
Ora il tutto è sistemato, e chiunque può commentare.
Chiedo scusa alla Professoressa (anche per non averle potuto dare la possibilità di imitare pienamente Cesare) e a chiunque altro avesse nel frattempo tentato di postare un commento senza potervi riuscire.
Se avete comunque problemi o commenti di carattere tecnico scrivete al cassettodeisogni@gmail.com, risponderemo immediatamente.


venerdì 28 marzo 2008

Elemosina (di Fabrizio Cassinelli)

La vedo tutte le mattine andando al lavoro. Davanti all’ingresso dell’ASL. Lì, sul lato sinistro dell’ingresso. Inginocchiata in una posa che metterebbe in difficoltà ognuno di noi.
Non è italiana, ma le poche parole che pronuncia nella lingua di Dante, imparate a memoria, le ripete fin troppo bene, con una cantilena estenuante.
“Ciao”; “Buona giornata”; “Auguri”.
“Grazie”.
Andrebbe premiata per la costanza.
Le rare volte in cui sorride mette in mostra un’opera degna di un odontotecnico specializzato in architettura e ingegneria.
Una bocca così si vede nella pubblicità del famoso dentifricio con Gardol, quando ti spunta un fiore in bocca e il bianco con cui hai appena dipinto la casa sembra grigio.
La cosa che più colpisce nel suo sorriso è che i canini superiori sono in oro. Spiccano in modo incredibile, forse non bello ma caratteristico.
Le ho dato qualche centesimo e abbiamo cominciato a salutarci. Un giorno mi ha detto il suo nome; ho dovuto farglielo ripetere almeno quattro volte e alla fine non l’ho capito comunque: impronunciabile, incomprensibile e intraducibile.
Una mattina le ho chiesto il motivo di quei denti così diversi e la sua risposta mi ha fatto pensare alle differenze culturali che ci sono tra le varie etnie. Una delle nostre donne non arriverebbe mai a tanto.
Sono un regalo. La ragazza si è fatta togliere i suoi denti per mettere quelli, solo per un vezzo.

Sono il regalo di una zia! Non una collanina o un anello, no! Due denti d’oro.
Pazzesco, direbbe il buon Chiambretti.


Data di prima pubblicazione sul sito Il Cassetto dei Sogni: 7 Giugno 2007