Le persiane socchiuse, la stanza in penombra; non una voce fuori, nel cortile.
Nella quiete del pomeriggio estivo, nell’illusione di un fresco che non c’è, chiudo gli occhi….
La chitarra di Carlos Santana, mi riporta piano piano indietro nel tempo.
La mia stanza, il mio letto, i miei anni, non ci sono più; ho 15 anni, un improbabile mini-abito pantalone, e il terrore di trovarmi per la prima volta, in una sala da ballo.
Si, lo so che oggi si dice discoteca; ma allora no; allora si chiamava sala da ballo, e suonavano regolarmente 3 balli lenti e 3 “shake”.
Lo shake! Per una ragazzina timida come me, un incubo!
La musica, tassativamente “dal vivo”, aveva un volume sopportabile, e chi non ballava poteva anche permettersi il lusso di chiacchierare.
Nella mia compagnia, sono “la piccolina”, perché nonostante superi in statura tutte le mie amiche, sono la più giovane; e l’unica, che non è mai stata a ballare.
Mi guardo intorno frastornata, cercando di capire come funziona…
Il complesso inizia a suonare; è un complesso locale; si chiamano “Le pesche sciroppate”, e suonano canzoni di cantanti famosi. I ragazzi si alzano e cominciano a girare tra i tavoli, alla ricerca di una compagna di ballo.
Ad ogni educato “no grazie”, si rivolgono a quella seguente. Poverettti, eh? Pensandoci ora, neanche loro avevano vita facile! Chissà quanti “no grazie” hanno dovuto accettare, prima di riuscire ad accompagnare una ragazza sulla pista!
Ma intanto, la coda di ragazzi si avvicina pericolosamente al nostro tavolo; cosa faccio? Dove guardo? Le mie amiche, perfide, si godono lo spettacolo del mio imbarazzo; loro, che timide non sono affatto, non capiscono il mio sacrosanto terrore…
E mentre sono concentratissima a fissare le modanature del soffitto, sento una voce molto vicina, che mi dice: scusa, balli? Ma le modanature sono “troppo” importanti, così non rispondo…se ne andrà! No. Non se ne va. Continuo imperterrita a studiare i ghirigori, ma sento un tocco delicato sul braccio, e la solita voce: scusa, balli? ‘cidenti, devo proprio rispondere; per forza…sono una ragazza educata, io!
Mi volto, serafica, lo guardo e…BALLI? Guardo le amiche di sottecchi: se rifiuto non mi salvo più.
Va bene! Mi alzo, e lui mi fa strada sulla pista affollata…mi cinge alla vita, e io appoggio le mani sulle sue spalle…il punto più alto della sua testa mi arriva al naso…e stanno suonando “Samba pa ti”!
I musicisti ci mettono l’anima, ma Santana è un’altra cosa….e poi, c’è quella nota così stonata….
Ci metto un po’, prima di rendermi conto che la nota stonata è il campanello di casa, che suona all’impazzata; schizzo giù dal letto, e corro ad aprire…
Mamma, ma dov’eri? Perché non rispondevi? Mi hai fatto preoccupare!
Dov’ero, dov’ero…ero a ballare!
Nella quiete del pomeriggio estivo, nell’illusione di un fresco che non c’è, chiudo gli occhi….
La chitarra di Carlos Santana, mi riporta piano piano indietro nel tempo.
La mia stanza, il mio letto, i miei anni, non ci sono più; ho 15 anni, un improbabile mini-abito pantalone, e il terrore di trovarmi per la prima volta, in una sala da ballo.
Si, lo so che oggi si dice discoteca; ma allora no; allora si chiamava sala da ballo, e suonavano regolarmente 3 balli lenti e 3 “shake”.
Lo shake! Per una ragazzina timida come me, un incubo!
La musica, tassativamente “dal vivo”, aveva un volume sopportabile, e chi non ballava poteva anche permettersi il lusso di chiacchierare.
Nella mia compagnia, sono “la piccolina”, perché nonostante superi in statura tutte le mie amiche, sono la più giovane; e l’unica, che non è mai stata a ballare.
Mi guardo intorno frastornata, cercando di capire come funziona…
Il complesso inizia a suonare; è un complesso locale; si chiamano “Le pesche sciroppate”, e suonano canzoni di cantanti famosi. I ragazzi si alzano e cominciano a girare tra i tavoli, alla ricerca di una compagna di ballo.
Ad ogni educato “no grazie”, si rivolgono a quella seguente. Poverettti, eh? Pensandoci ora, neanche loro avevano vita facile! Chissà quanti “no grazie” hanno dovuto accettare, prima di riuscire ad accompagnare una ragazza sulla pista!
Ma intanto, la coda di ragazzi si avvicina pericolosamente al nostro tavolo; cosa faccio? Dove guardo? Le mie amiche, perfide, si godono lo spettacolo del mio imbarazzo; loro, che timide non sono affatto, non capiscono il mio sacrosanto terrore…
E mentre sono concentratissima a fissare le modanature del soffitto, sento una voce molto vicina, che mi dice: scusa, balli? Ma le modanature sono “troppo” importanti, così non rispondo…se ne andrà! No. Non se ne va. Continuo imperterrita a studiare i ghirigori, ma sento un tocco delicato sul braccio, e la solita voce: scusa, balli? ‘cidenti, devo proprio rispondere; per forza…sono una ragazza educata, io!
Mi volto, serafica, lo guardo e…BALLI? Guardo le amiche di sottecchi: se rifiuto non mi salvo più.
Va bene! Mi alzo, e lui mi fa strada sulla pista affollata…mi cinge alla vita, e io appoggio le mani sulle sue spalle…il punto più alto della sua testa mi arriva al naso…e stanno suonando “Samba pa ti”!
I musicisti ci mettono l’anima, ma Santana è un’altra cosa….e poi, c’è quella nota così stonata….
Ci metto un po’, prima di rendermi conto che la nota stonata è il campanello di casa, che suona all’impazzata; schizzo giù dal letto, e corro ad aprire…
Mamma, ma dov’eri? Perché non rispondevi? Mi hai fatto preoccupare!
Dov’ero, dov’ero…ero a ballare!
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